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Italia Oggi

Un Ddl contro la cementificazione ... Ogni giorno in Italia si consumano più di cento ettari di terreno ... Ogni giorno in Italia si consumano più di 100 ettari di suolo, un trend negativo e continuo che, dagli anni 70 a oggi, ha fatto registrare la perdita di 5 milioni di ettari di terreno agricolo. Una superficie pari all’estensione della Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna messe insieme. Le cause di questa continua diminuzione dei terreni agricoli sono da rintracciare in due principali fenomeni: l’abbandono delle terre coltivabili da parte degli agricoltori e l’aumento delle aree edificate. La cementificazione, in particolare, è un fenomeno preoccupante: causa l’impermeabilizzazione del suolo, un processo irreversibile che, oltre ad avere un enorme impatto ambientale rendendo le città più vulnerabili nei confronti di alluvioni, frane e inondazioni, sottrae all’agricoltura i terreni migliori sia in terreni di produttività sia di localizzazione. Parliamo di terreni pianeggianti, fertili, facilmente lavorabili e accessibili come, per esempio, le frange urbane, le aree costiere e quelle pianeggianti. Una situazione diventata insostenibile, sulla quale si è deciso di intervenire, attraverso il disegno di legge “in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo”, molto voluto dal ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania, e approvato il 14 settembre scorso dal consiglio dei ministri. Un provvedimento che, secondo il ministro Catania, costituisce “un decisivo passo in avanti per raggiungere l’obiettivo di limitare la cementificazione sui terreni agricoli, in modo da porre fine a un trend pericoloso per il paese. Questo disegno di legge”, ha spiegato ancora Catania, “tocca temi molto sensibili, come l’uso del territorio e la sua corretta gestione, ma coinvolge anche la vita delle imprese agricole e l’aspetto paesaggistico dell’Italia. Riguarda il modello di sviluppo che vogliamo proporre e immaginare per questo paese, anche negli anni a venire”. Il problema non può essere più trascurato, perché “ha un impatto fortissimo sulle aree agricole del nostro paese, con effetti negativi sul volume della produzione. La sottrazione di superfici alle coltivazioni abbatte la produzione agricola, ha un effetto nefasto sul paesaggio e, di conseguenza, sul turismo”. Tecnologie sempre più avanzate hanno permesso fino a oggi di aggirare il problema del consumo del suolo consentendo un innalzamento della produttività per ettaro, ma oggi si è giunti al punto in cui anche applicando maggiori quantità e diverse qualità di tecnologia, la terra non è in grado di produrre di più. In un momento storico in cui la perdita di terreno agricolo è in contrasto con l’aumento della popolazione, a preoccupare è soprattutto il fatto che la riduzione maggiore riguardi le superfici coltivate e i prati permanenti, ovvero i due ambiti da cui provengono i principali prodotti di base dell’alimentazione degli italiani: pane, pasta, riso, verdure, carne, latte. L’Italia, attualmente, produce solamente il 68% delle risorse alimentari necessarie a nutrire i propri abitanti, coprendo i consumi di tre italiani su quattro la continua perdita di terreno agricolo porta quindi il nostro paese a dipendere sempre più dall’esterno per l’approvvigionamento alimentare. Nonostante questi dati preoccupanti, la perdita di terreni agricoli non sembra arrestarsi tanto che l’Italia oggi rappresenta il quarto stato europeo per percentuale di suolo cementificato dopo Olanda, Belgio e Lussemburgo. Le cause del fenomeno sono molteplici e
riguardano importanti fattori economici e sociali: le strutture edificate garantiscono una rendita fondiaria e possono essere immesse sul mercato immobiliare. Al contempo è da registrare il progressivo allontanamento di ampie fasce della popolazione che non possono acquistare o affittare abitazioni nelle zone centrali delle città, quindi costruiscono in campagna. Ma le cause sono anche altre: la deregulation urbanistica, la semplificazione del rilascio del permesso di costruire e i condoni. Gran parte del problema dipende dalla normativa che regola il sistema degli oneri di urbanizzazione dei comuni. Attualmente è previsto che le amministrazioni possano destinare parte dei contributi di costruzione alla copertura delle spese comunali correnti, distogliendoli dalla loro naturale finalità, cioè il finanziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Questo fa sì che si crei una tendenza naturale delle amministrazioni e dei privati a dare il via libera per cementificare nuove aree agricole anche quando è possibile utilizzare strutture già esistenti. Il fatto che le amministrazioni regionali e locali, soprattutto nel centro e nel sud del paese, sembrano essere stati negli ultimi anni poco attenti al problema della conservazione e della tutela del paesaggio è confermato dai numeri. Secondo un’indagine condotta dall’Istat, infatti, dal 1995 al 2009, i comuni italiani hanno rilasciato complessivamente permessi di costruire per 3,8 miliardi di metri cubi (oltre 255 milioni di metri cubi l’anno), di cui più dell’80% per la realizzazione di nuovi fabbricati (il rimanente per l’ampliamento di fabbricati esistenti), e poco più del 40% per l’edilizia residenziale. In un quadro come quello descritto, è apparso quindi necessario un intervento rapido per invertire la rotta di un trend gravissimo, utile ad assicurare un maggior rispetto del territorio e la salvaguardia delle potenzialità dell’agricoltura italiana. Il ddl presentato dal ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania, parte proprio dalla presa di coscienza del fatto che bisogna promuovere una corretta gestione del territorio che coinvolga la vita delle imprese agricole e l’aspetto paesaggistico, proponendo per l’Italia un modello di sviluppo alternativo e totalmente nuovo rispetto agli ultimi anni.

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