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Italia Oggi

Un Vinitaly scaccia crisi ... Arte, finanza, ecologia per rilanciare il settore ... Da domenica la kermesse. Cantine piene, ordini in calo e speranze d’export ... Ci siamo quasi: domenica la più scenografica cantina d’Italia aprirà i battenti e sarà Vinitaly per la quarantasettesima volta. Un compleanno che ribadisce il successo consolidato di questa rassegna, solo di poco più giovane della sigla “Doc”, madre della scalata dei vini italiani al successo mondiale e statisticamente la più nota ai consumatori, che proprio qui a Verona festeggerà il mezzo secolo di vita. Il grande spettacolo, edizione 2013, sta per cominciare su un palcoscenico di 95 mila metri quadrati, con oltre 4.200 espositori di 22 paesi dalle più varie latitudini e 43 delegazioni ufficiali da altrettante nazioni, tra cui la corteggiata new entry del ministero del commercio cinese. Oltre a qualche altro migliaio di buyer, giornalisti, opinion leader del settore e vip vari, che si mescoleranno agli almeno 150.000 visitatori messi in conto nei quattro giorni della manifestazione. Perché, attenzione, Vinitaly è una rassegna che parla al mondo, ma anche un brand che porta il vino italiano in giro per il mondo con ciclici tour di promozione e affari diventati un modello vincente (e copiato). “Vinitaly è una vera e propria piattaforma di business, promozione, comunicazione e relazioni”, sottolinea Ettore Riello, presidente di VeronaF’iere e continua: “Questo rappresenta un asset per l’intero paese, soprattutto ora che le istituzioni politiche sono chiamate a misurare in risultati tangibili la qualità degli investimenti in cui vengono impegnate le risorse pubbliche destinate ai sistema-vino”. Un aspetto certo non secondario, visto che il vino italiano è famoso e di successo, ma, complice la crisi che strozza i consumi interni, si beve soprattutto all’estero. A dimostrano c’è l’analisi di Assoenologi sui dati completi dell’export 2012 ( pari a 4,7 miliardi di euro) che sottoscrive un progresso in valore assoluto del 6,5% sull’anno precedente, però con una crescita del valore medio del 16,7% se si considera che la quantità esportata è stata inferiore dell’8,8% a quella del 2011. Ma c’è anche un avvertimento: “I magazzini sono pieni e gli ordini, già frenati da un’economia internazionale duramente provata, sono previsti in calo per il primo quadrimestre 2013”. A Vinitaly si valuterà anche questo scenario, incrociando i dati grezzi provenienti dalle aziende ed elaborando le contromisure del caso. Un aiuto può venire dalla sensibilità ecologica dei consumatori, che alla richiesta di qualità stanno affiancando sempre più quella di sostenibilità. Il modello è quello di aziende a impatto zero dal punto di vista delle emissioni e paesaggistico, energeticamente autosufficienti, attente all’uso di ogni materiale riciclabile. Un percorso in cui l’Italia è all’avanguardia, tanto che è stato messo a punto l’Italian wine carbon calculator, che misura le emissioni di anidride carbonica in ogni fase di produzione. E poi c’è il legame con l’arte, che si pensa di rimarcare con un co-branding tra celebri monumenti e aziende vitivinicole che ne sostengono la conservazione, o con nuove Doc dedicate alle città gioiello del Belpaese, da Venezia a Roma. Perché è ormai chiaro a tutti che il vino è un fatto di territorio, non solo di terreno ed è per questo che le grandi bottiglie italiane contendono a quelle francesi le quotazioni più alte nelle aste internazionali. Ma qualcuno non si accontenta delle bottiglie e ragiona più in grande: sono gli investitori che fanno shopping dalle Alpi alla Sicilia, di cantine blasonate. A guidare la corsa sono americani, russi e cinesi che portano sì denaro fresco, ma stanno dando origine nel mondo a una sorta di “winegrabbing”, meno aggressivo del fenomeno dell’acquisto di terre fertili, ma che desta preoccupazioni sul futuro di molti marchi storici. D’altronde chi nutrisse dubbi sull’appeal del vino sulla finanza può dare un’occhiata al “LivEx Power 100”, una specie di wine index con le quotazioni delle maggiori aziende mondiali del settore, in cui l’Italia è sempre più presente. Finanza, ma soprattutto economia reale, visto che proprio da Vinitaly emerge un dato che oggi vale oro: l’Italia del vino crea lavoro. Nel 2012 il 70% delle aziende con forte propensione all’estero hanno assunto addetti commerciali, enotecnici, agronomi, addetti alla comunicazione, con un incremento medio del 12% sull’anno precedente e il trend dovrebbe rimanere stabile nel 2013. Un risultato che si merita il più sincero dei brindisi.

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