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Italia Oggi

Il vino buono c’è, i politici no ... Matteo Renzi: l’Italia che piace è nei calici non alle camere ... Prove tecniche di un futuro politico per l’Italia usando il vino come metafora. D’altronde, se la politica è l’arte del possibile, anche Vinitaly può fare da sfondo a intese, più o meno larghe e virtuali. La prima fase si è consumata in un approccio mattutino tra il governatore del Veneto, Luca Zaia, e il suo collega pugliese, Niki Vendola. “C’è una politica che si fa a Roma e ima in cui territori omogenei si saldano, come avviene per le grandi terre da vino. In questo caso il concetto di macroregione è positivo”, apre Vendola. E Zaia di rimando: “Mi auguro che la Puglia sia presto il cuore cli una macroregione del Sud”. Alleanze sino a poco fa impensabili si delineano su argomenti
reali, partendo da un bicchiere di vino. “Il grande fronte unico”, concordano i due governatori, deve essere “contro il cappio al collo del patto di stabilità che ci impedisce di spendere anche i soldi che abbiamo”. Ma le vere grandi manovre sono cominciate alle 17 davanti a un pubblico foltissimo: protagonisti Matteo Renzi e Flavio Tosi, due sindaci di città-immagine per l’Italia, entrambi in odore di eresia nei rispettivi partiti. E nel gioco della simulazione subliminale c’erano anche i “saggi”. Non dieci, ma due: Angelo Gaja, il signore di Barbaresco, e Oscar Farinetti, l’inventore di Eataly, che facevano rispettivamente da memoria storica e da relatore sullo stato dell’arte cli quel che va (e molto più di quel che non va) in Italia, passando tra le sue vigne e cantine. Le richieste? Un ministro che sappia far volare l’agricoltura; semplificazioni burocratiche radicali; una politica nazionale valida e operativa. “Il vino è il vero esempio di quel che deve essere l’Italia: un paese proiettato con le sue eccellenze verso l’estero, invece di essere un posto dove ci si accontenta di coprire di tasse chi lavora e spesso ostacolandolo”, dice Tosi e continua: “Il vino è un settore che si è autogestito supplendo a quello che lo stato non ha fatto in termini di promozione all’estero, di canali per la penetrazione sul mercato internazionale. L’Italia è succube in Europa, sovvenziona la Ue come contribuente, ma in Europa non conta, con il risultato di subire politiche fatte su misura per altri paesi”. E il sindaco di Verona conclude ammonendo: “Nel nuovo governo niente alchimie, ma senso del dovere e buonsenso. Basta con la vecchia politica che ci ha portati così in basso”. Quasi un assist per Renzi, che incalza: “Il vino all’estero ci ha reso orgogliosi, i politici no. In Italia c’è una burocrazia borbonica che teme la trasparenza, che non vuol far sapere per mantenere potere. Se in America due ragazzi aprono una piccola impresa in un garage nasce Microsott, se lo fanno in Italia arriva l’Asl e chiude il garage”. E il sindaco di Firenze prosegue: “Il vino è metafora di una storia credibile dell’Italia all’estero, di temi che devono essere comunicati e non rinchiusi in un ghetto di esperti. Ci deve essere partecipazione ed entusiasmo, non rimpianto e amarezza. Il vino italiano è riuscito a realizzare tutto questo, perché l’Italia non ci riesce? Perché la politica deve essere un ostacolo, invece che un aiuto?”. Poi, fuor di metafora, Renzi parla di lavoro in
un settore come l’agricoltura, che rappresenta un patrimonio enorme, ma sottovalutato, del nostro paese: “Se riusciamo a far diventare sexy un mestiere vuol dire che facciamo un investimento in formazione professionale. Quando l’espressione “vai a zappare” non suonerà più come un insulto, vorrà dire che la politica avrà fatto il suo dovere”.

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