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Italia Oggi

La Cina va sui vini middle class ... “Sette a uno”. È impietosa
la provocazione del collega
francese seduto
accanto a me all’inaugurazione
di Vinexpo Asia Pacific,
la più grande fiera del “wine &
spirits” d’Oriente iniziata ieri
a Hong Kong. L’affermazione,
più di gergo tennistico che
calcistico, si riferisce al vino
venduto in Cina dalle due superpotenze
enologiche: ogni 7
bottiglie francesi se ne vende
una italiana. Il più grande
mercato di riferimento per chi
fa il vino e per chi come me ne
cura l’internazionalizzazione
accoglie la compagine italiana,
quest’anno più numerosa
di sempre, con il rispetto che
si deve alle nostre griffe enologiche
ma pur sempre da ospite,
mentre i padroni di casa
restano i francesi. Francese è
la fiera, che richiama 15 mila
buyer e operatori professionali
provenienti da tutta la Cina e
dal Sudest asiatico; francese è
quasi sempre il vino nei wine
bar di Pechino e Shanghai, che
sbucano dalla sera alla mattina;
francese è l’inaugurazione
di Vinexpo, con il chairman
Xavier de Eizaguirre e migliaia
sono gli operatori francesi
del colosso del marketing
agroalimentare Sopexa, che
soggiornano da tempo in pianta
stabile nel Paese del Dragone.
Si dirà, anche negli Stati
Uniti eravamo indietro
e oggi non più. Vero,
ma mentre in America
hanno giocato un ruolo
decisivo il flusso continuo
dei nostri migranti
e la ristorazione made
in Italy, in Cina tutto
questo non c’è. Esiste un
gap culturale e commerciale
da colmare: occorre
investire in risorse
economiche, umane e
logistiche. Per superare
non necessariamente
la Francia ma almeno i
paesi meno blasonati che ci
precedono nell’export verso la
Cina, come Australia, Cile e
Spagna. Il colosso asiatico è già
oggi il maggior consumatore di
vino rosso al mondo (+140% sul
2008) e si prevede che nel 2017
qui si berrà quasi il doppio dei
rossi degustati in Germania, il
quadruplo dell’Inghilterra e il
30% in più dei consumi degli
Stati Uniti. Il vino diventerà
una moda come altri prodotti
della vecchia Europa e già ora
si assiste a un processo di “democratizzazione” del prodotto.
Infatti, mentre fino
a poco tempo
fa i cinesi si
rivolgevano
a vini
costosi,
con brand affermati a livello internazionale,
oggi, anche a causa della
stretta del governo alle regalie
nelle pubbliche amministrazioni,
il mercato si sta orientando
verso etichette con prezzi più
accessibili e alla portata della
middle class. Le quasi 300
aziende italiane presenti a Vinexpo
cominciano a capire che
occorre predisporre piani di
medio o lungo periodo, con operazioni
di brand-building basate
sulla comunicazione delle
specificità made in Italy. E un
lungo percorso di trasferimento
dell’identità aziendale, della
storia e della filosofia delle
nostre produzioni che sta
trovando un alleato importante
nei programmi
di Ocm Vino Promozione.
La Cina è infatti
il paese più gettonato
per le domande Ocm,
con oltre 200 progetti
avviati nelle ultime due
annualità, ma saranno
ancora di più nella prossima
programmazione. Nel
frattempo in Italia il ministero
delle politiche agricole
ha pubblicato il decreto (3226
del 26 maggio) di ripartizione
regionale della dotazione finanziaria
Ocm 2015 per un
valore, identico allo scorso
anno, di 71,5 mln di euro.

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