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Italia Oggi

Il caldo accorcia la vita al vino ... Persino il rosso da invecchiamento accusa il colpo ... Il caldo accorcia la vita del
vino. Anche di quello rosso
più strutturato, da invecchiamento,
come può
essere un Brunello di Montalcino.
È quanto emerge da uno
studio condotto da ricercatori
della Fondazione Edmund
Mach-lasma su uve sangiovese
fornite dal Consorzio vino
Brunello di Montalcino, ma
vinificate in Trentino, imbottigliate
e quindi conservate in
parte in condizioni ottimali di
cantina, ossia a una temperatura
compresa fra i 15 e i 16°C,
e in parte alle temperature tipiche
di un ambiente domestico
climatizzato, ossia a 20-26°C.
Studio cui hanno partecipato
anche scienziati dell’università
di Trento e che sta avendo forte
eco sui media internazionali
dopo che è stato presentato a
San Francisco (California) al
simposio dell’American chemical
society.
“Noi stessi”, dichiara a
ItaliaOggi Fulvio Mattivi,
responsabile del
Dipartimento qualità
alimentare e nutrizione
del Centro ricerca
e innovazione del
Fem-Iasma, “ci siamo
meravigliati dei risultati
ottenuti analizzando circa
mille composti non volatili presenti
nel vino con un approccio
metabolomico, ossia senza purificarli,
separarli o isolarne alcuni.
Ebbene, com’era prevedibile,
considerato che si tratta d’un
prodotto durevole anche se non
immortale, abbiamo constatato
che soltanto 200-300 di questi
composti subiscono delle modifiche
nel tempo. Quello che non
ci aspettavamo era una così
spiccata differenza della loro
evoluzione alle due condizioni
di conservazione”.
Il vero infatti che i ricercatori
hanno potuto constatare
che l’evoluzione dei composti
avveniva nella medesima direzione
sia che il sangiovese fosse
conservato a
temperatura di
cantina sia che
fosse stato tenuto
a temperatura
d’appartamento/di
sala di ristorante. Il fatto è che
tale evoluzione s’è verificata a
una velocità tre-quattro volte
superiore a temperature domestiche,
rispetto a quelle di
cantina, anche avendo condotto
il test con un vino da invecchiamento,
dal quale ci s’aspettava
la massima stabilità. Di fatto il
vino conservato in casa in sei
mesi subisce un’evoluzione paragonabile
a uno conservato in
cantina per due anni.
E non è tutto. “Abbiamo potuto
verificare”, prosegue Mattivi,
“che nel vino conservato a temperature
più elevate rispetto a
quelle di cantina si producono
alcune reazioni che danno origine
a nuovi composti, la cui
presenza nel vino sarà irreversibile
e testimonierà che è stato
esposto a temperature di 20 °C
e più, come potrebbe accadere
al vino durante il trasporto via
mare in container. Mi riferisco
a composti come l’epicatechina
solforata e la procianidina dimero
B2, che sono il frutto della
combinazione fra l’anidride solforosa
e il tannino del vino. Una
reazione che abbiamo riprodotto
in laboratorio e quindi caratterizzato
e descritto, che peggiora
la stabilità del vino”.
Altri composti che si sviluppano
nel vino conservato a
temperatura più elevata del dovuto
sono una classe di pigmenti,
denominata pilotina, frutto
della reazione degli antociani.
E alle pintine, pigmenti rossogiallastri,
cui si deve il viraggio
del vino da una colorazione rosso
brillante e vivace a Luna più
aranciata.

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