Scissione vinicola nell’Oltrepò
Fuori dal consorzio di tutela 35 aziende. Perdono la doc ... Trentacinque aziende del
Distretto del vino di
qualità dell’Oltrepò pavese hanno deciso di
cambiare strada e di abbandonare il Consorzio di tutela. Una scelta fatta per “necessità di sopravvivenza”. A guidare la protesta, Fabiano Giorgi, presidente del Distretto, che con i transfughi chiede maggiore democrazia, maggiore qualità del vino e un progetto di rilancio. “Non può esistere una sola realtà che dentro l’assemblea del Consorzio detenga il 54% dei voti per la quantità di vino prodotto”. E oltre a un problema di democrazia c’è il valore del vino. “Se non cambiamo strada in Oltrepò non abbiamo futuro. Siamo l’unico territorio dove negli ultimi anni il valore fondiario è crollato anziché salire come altrove. Siamo a 22 mila euro all’ettaro, in Lugana sono passati da 50 mila a 400 mila”. L’obiettivo delle 35 aziende, che rappresentano il 16% della produzione della zona, e che si sommano alle 21 che già ne facevano parte, è quella di portare avanti un progetto condiviso di rilancio e
valorizzazione della denominazione. I vini Oltrepò, ci sono i Bonarda, Barbera, Riesling, Pinot nero
lo Spumante metodo classico Docg, si trovano in alcuni casi
1,9 euro alla bottiglia sullo scaffale. “Staccarsi dal Consorzio non è una guerra, ma un modo per esprimere la nostra idea, uscire da una gabbia che non ci fa crescere”. Lo strappo
è consumato nel corso degli ultimi mesi e un problema legato anche alla qualità dei vini prodotti all’interno della denominazione. “Il mercato non premia più l’Oltrepo pavese e per questo dobbiamo venire fuori da un Consorzio che non parla di qualità. Basti pensare che la miglior bollicina dell’Oltrepò non è Doc. Uscire è una scelta per salvarsi”. Quello che tengono a precisare le 35 aziende è che “non ci stacchiamo dalla nostra terra, solo che dal Consorzio non hanno capito dove ci hanno portato con le loro scelte, verso una discesa che non è ancora finita. Manca una politica agile, più reattiva”. Nel percorso, tuttavia nessuno è precluso. “Ci metteremo tutti attorno ad un tavolo e apriremo un confronto, ma dobbiamo farlo velocemente per fare una denominazione forte e riconosciuta dal consumatore”.
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