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Italia Oggi

Boicottato il vino israeliano ... Il Sudafrica chiede che sulle etichette sia scritto: “Fatto nella Palestina occupata”... Le esportazioni di Berg sono crollate del 50% nel 2014... Anche il vino israeliano è finito nell’elenco dei prodotti da boicottare. Quelli che provengono dai territori palestinesi occupati e che, per ragioni etiche, molti clienti non vogliono più comprare. Così c’è aria di crisi nell’azienda vinicola Psagot Boutique Winery di proprietà di Yaakov Berg, 38 anni, che la porta avanti da 12 anni insieme alla moglie Naama. Peccato per lui che i vigneti si trovino in Cisgiordania, a nord di Gerusalemme. Un territorio che Berg preferisce chiamare Colline della Giudea, così come conosciuto nella tradizione biblica. Berg deve fronteggiare l’emergenza legata al crollo degli affari. I primi problemi erano sorti un paio d’anni fa, quando un importatore sudafricano pretese che i vini di Berg riportassero nell’etichetta la dicitura “prodotti nella Palestina occupata”. Una richiesta che ovviamente l’imprenditore non poteva accettare. Il rifiuto gli fece perdere il cliente. L’anno scorso le vendite in Europa e in Sudafrica sono crollate del 50% proprio a causa del boicottaggio informale delle merci provenienti dalle aree nelle quali gli israeliani hanno costruito i propri insediamenti. Berg è stato costretto a correre ai ripari e sta ancora lottando per evitare il fallimento. Lo fa giocando una carta, forse l’ultima rimastagli: raggiungere gli acquirenti mondiali commercializzando i suoi vini online e appoggiandosi a un magazzino negli Stati Uniti. In questo modo c’è la possibilità di evitare gli importatori che simpatizzano per il boicottaggio e, al tempo stesso, di rivolgersi ai cristiani evangelici che invece intendono sostenere l’economia israeliana. Berg pensa schiettamente che, se non tenterà strade alternative, prima o poi sarà costretto a chiudere i battenti. E si mostra consapevole del fatto che la sua azienda sorge a Psagot, nel territorio occupato che si trova al di sopra della città di Ramallah: un’area che Israele conquistò nella Guerra dei sei giorni. Ma, invece di farne una questione politica, egli si presenta come un viticoltore ebreo che fa crescere l’uva dove i suoi antenati già lo facevano più di 2 mila anni fa. Dunque, nel segno della continuità con la storia del suo popolo. Ricorrendo a questi argomenti è riuscito a trovare finanziatori ebrei. Il nuovo negozio via internet si chiama Blessings of Israel (benedizioni di Israele) e offrirà non solo i propri prodotti ma anche quelli di piccole imprese israeliane. Dovrebbe aprire prima di Natale. Non ci sono molte alternative e, da questo punto di vista, la filosofia di Berg è improntata al riconoscimento del bicchiere mezzo pieno, nonostante le difficoltà. Egli ricorda un detto dei vecchi ebrei al quale si è ispirato: se vuoi combattere il male, devi portare più luce. Intanto questi fatti cominciano a preoccupare seriamente le autorità di Tel Aviv, che temono lo sviluppo su ampia scala del boicottaggio. Se l’economia dei territori occupati rappresenta una nicchia nel contesto israeliano, la battaglia dev’essere affrontata e vinta sul versante psicologico e politico per evitare guai peggiori.

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