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Italia Oggi

Nei ristoranti top metà dei vini in carta sono autoctoni ... Il vitigno autoctono è diventato il primo criterio di scelta per l’alta ristorazione: vale il doppio (67%) rispetto ai vini a denominazione (32%), ai grandi brand (38%) e al vino biologico (29%). Di più, le etichette dei vini autoctoni pesano per la metà delle proposte in carta. Il dato emerge da un’indagine sulla presenza dei bianchi nella ristorazione italiana, secondo quanto segnalano le principali guide di settore; a realizzarla per l’istituto marchigiano di tutela vini (Imt) è stata Nomisma - Wine monitor. I 10 vitigni principali del Paese valgono il 40% dell’intera produzione italiana, pochissimo rispetto al resto del mondo. In Francia la top 10 pesa per il 72%, in Spagna il 75,5%, negli Usa l’81,5%, in Australia 1’88,2% e in Nuova Zelanda il 98%. Questa ricchezza italiana di vitigni si sta rivelando un valore aggiunto per i ristoratori (220 gli intervistati tra sommelier, titolari e cuochi): su 126 etichette di bianchi in carta, le etichette di autoctoni sono 64. Ma il dato sale a 106 (50% del totale) nei ristoranti di fascia
alta, quindi l’interesse cresce in modo direttamente proporzionale alla qualità del ristorante. Tra le regioni più rappresentate in carta, vince il Friuli Venezia Giulia (40%), seguito da Alto Adige (15%), Sicilia (9%) e Marche (7%). Poi Abruzzo, Trentino, Veneto, Campania, Piemonte e Valle D’Aosta. La classifica raggruppa gli autoctoni in quattro categorie, riassunte in una matrice che incrocia il tasso di penetrazione nelle wine list col potenziale produttivo in termini di superficie. Queste le categorie: “underachiever” (che potrebbero fare di più), emergenti, immancabili e onnipresenti. Tra gli underachiever 4 tra i più diffusi autoctoni: il Glera (Prosecco), il Garganega (Soave), il Catarratto e il Trebbiano. Tra gli emergenti, le nicchie Pignoletto, Passerina e Pecorina Gli “immancabili” al ristorante, invece, sono Falanghina, Fiano, Vermentino, Friulano, Traminer e un altro marchigiano, il Verdicchio. Onnipresente il Moscato. In carta l’autoctono più presente è il Traminer (Trentino e Alto Adige), presente nell’84% dei casi, prima di Moscato (78%), Tocai Friulano (74%), Vermentino (73%), Fiano (69%) e Verdicchio in 65 locali su 100. Seguono Falanghina, Trebbiano, Catarratto, Garganega, Pecorino (46%), Glera, Passerina (35%) e Pignoletto. Per il direttore Imt, Alberto Mazzoni: “Il Verdicchio è nei ristoranti italiani di qualità e ancor più lo è in quelli di fascia alta (83%). Ma il posizionamento nella ristorazione non è lo stesso di quello riscontrato nelle guide e nei consumatori dove vantiamo due primati. Bisogna crescere in questo segmento, perché è fondamentale per un’affermazione più remunerativa del prodotto sul mercato”. Nel complesso, comunque, Verdicchio, Pecorino e Passerina sono in 7 ristoranti su 10, col Verdicchio che detiene una rappresentanza del 65%, seguito da Pecorino (46%) e Passerina (35%). E le percentuali crescono per i ristoranti fascia alta, dove il Verdicchio sale all’83%. E l’85% delle carte vini detengono almeno un prodotto marchigiano, con una media di circa 6 etichette.

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