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Italia Oggi

50 anni col Brunello sugli scudi … A Montalcino il valore dei vigneti è passato da 1,8 mln di lire a ettaro a 500 mila euro a ettaro... Dal ’68 a oggi le bottiglie sono cresciute del 70.000%... Quando fu riconosciuta la Doc, nel 1966, pochi conoscevano il nome del Brunello, oggi è uno dei brand più forti e apprezzati nel modo del vino e del made in Italy”. Patrizio Cencioni, presidente del Consorzio del Brunello ai Montalcino, parla dei cinquantanni compiuti nei giorni corsi dal vino ilcinese. “La qualità media dei vini è cresciuta moltissimo, specie negli ultimi 20 anni”. E guarda al futuro. “La qualità che abbiamo raggiunto non è un traguardo, la ricerca della qualità deve puntare sempre più in alto. Si può puntare sulla tecnologia, ma quello che conta è lavorare in vigna, il Brunello nasce lì”. In questi 50 anni i numeri del Brunello di Montalcino sono cresciuti a dismisura. Nel 1968 le bottiglie prodotte erano soltanto 13 mila, sono state circa 1 milione e 450 mila nel 1986, mentre lo scorso sono arrivate a quota 9.100.000, +70.000%. Trend in forte crescita anche per il valore dei vigneti. Un ettaro di Brunello nel 1967, quando ce n’erano solo 115 (64 specializzati e 51 promiscui), valeva 1,8 milioni di lire, oggi gli ettari sono 2.100 e in media valgono 500 mila euro. Brunello che è cresciuto anche a livello di interesse imprenditoriale. In questi giorni c’è stato il closing sull’operazione da 250 milioni di euro, che ha segnato l’ingresso in quota maggioritaria del gruppo del lusso francese Epi nella Tenuta Il Greppo di Biondi Santi. Nel 2015 La Cerbaiona era stata ceduta per la cifra record di 6 milioni di euro a Gary Rieschel, un investitore americano con società cinese, mentre nel 2011 l’industriale svizzero Ernesto Bertarelli, aveva comprato la tenuta Poggio di Sotto. Nel 2013 la contessa Noemi Amarone Cinzano aveva ceduto ai brasiliani di André Santos Esteves l’azienda Argiano mentre pionieri erano stati, negli anni 80, i fratelli italoamericani John e Harry Mariani con Castello Banfi “Come Consorzio dobbiamo continuare con la strada che abbiamo intrapreso e che prevede di fare cultura su quei mercati dove poco si sa del vino italiano, come in Cina, e consolidare i legami la dove la conoscenza dei nostri prodotti è consolidata, come negli Usa. Per far conoscere le nostre tradizioni, allo stesso tempo dobbiamo fare incoming portare i consumatori non esperti sul territorio dove il vino nasce”.

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