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Italiaoggi

L’Asti non è di Asti ... Il comune resta fuori dalla docg ... Asti è fuori. Questo il risultato della sentenza in data 28/11/2013 con cui il Consiglio di stato esclude il territorio di una delle capitali del vino italiano dalle aree della Docg che porta il suo nome. Il pronunciamento mette un punto fermo a una lunga vicenda che ha visto da una parte Gianni Zonin, proprietario della tenuta Castello del Poggio alle porte di Asti, favorevole all’ampliamento del disciplinare “Perché”, come spiegava lo stesso Zonin a ItaliaOggi lo scorso 13 marzo “con questa operazione l’Asti Docg potrebbe esprimere un ben maggior potenziale sui mercati internazionali” e dall’altra l’Associazione produttori del Moscato d’Asti, la Coldiretti, l’Associazione dei comuni del Moscato e l’associazione “Muscatellum” schierate a difesa dei primi confini di produzione. Il Consiglio di stato si è espresso su una sentenza del Tar Lazio che annullava il decreto del 16 maggio 2012 con cui il ministero delle politiche agricole aveva accolto nell’area della Docg Asti una cospicua fetta del territorio comunale astigiano. E appunto il giudizio, reso noto venerdì scorso, boccia il ricorso contro quanto sentenziato dal Tar. La vicenda, qui ridotta ai minimi termini, è assolutamente di maggior complessità, ma quel che ai più sfugge è come sia possibile che una località di plurisecolare importanza nella geografia mondiale del vino, possa essere esclusa da ruta denominazione che porta il suo nome. Insomma, una vicenda che, perlomeno ai profani, appare tutta italiana. Anche perché c’è il caso del Prosecco, i cui produttori si sono premurati di inchiodare il nome a quello di un Comune friulano, sconosciuto come produttore di bollitine, per non farselo scippare da concorrenti pronti a sfruttarne il successo. La cosa che colpisce leggendo la sentenza del Consiglio di stato è il ruolo attribuito al Consorzio dell’Asti (che tutela un patrimonio di 100 milioni di bottiglie l’anno, pari a un fatturato di 140 milioni di euro) in questa ultima puntata della storia. Infatti, la perizia che doveva servire di supporto alla domanda del direttore del Consorzio per l’estensione della Docg, come recita la sentenza, “non conteneva una delimitazione puntuale delle frazioni comunali all’interno delle zone vocate ma si limitava ad indicare il territorio potenzialmente atto alla coltivazione del vitigno Moscato Bianco nel Comune di Asti con criteri di larga approssimazione”. E più avanti “In sostanza vi era una domanda ufficiale del Consorzio del 28 aprile 2010 che chiedeva l’inserimento di zone votate che per la sua indeterminatezza e ambiguità non poteva considerarsi integrare la domanda di cui all’articolo 10, comma 3 della legge”. Eppure il presidente dell’ente di Tutela dell’Asti, Gianni Marzagalli, dichiarava a ItaliaOggi lo scorso 17 aprile: “Il Consorzio è assolutamente convinto che il Comune di Asti debba rientrare nella zona del disciplinare, anche per evitare possibili problemi di denominazioni con un’altra Asti che c’è negli Usa”. Partita chiusa? Forse no, perché da fonti certe ci giunge notizia che i legali del “Castello del Poggio” intendono ricorrere per gravi errori materiali nella sentenza del Consiglio di stato.

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