Dagli Usa al Chianti Classico, con la voglia di valorizzare il territorio all’estremo, individuando ben 63 micro-cru su 90 ettari di vigneti, investendo in una delle denominazioni italiane più storiche, guardando ad un presente fatto di sostenibilità, e al futuro. È la curiosa storia che lega il Belpaese enoico ad uno dei nomi più importanti del vino americano, quello di Jackson Family, realtà che possiede diverse tenute in California ed in Oregon, ma anche in Francia, Australia e Sudafrica, e che, dalla metà degli anni Novanta del Novecento, ha investito nella Tenuta di Arceno, a Castelnuovo Berardenga, nel cuore del Gallo Nero. Una tenuta di 1.000 ettari complessivi, di cui 90 vitati, con terreni che vanno dai 300 ai 500 metri sul livello del mare, con oltre 10 differenti microclimi individuati, e una grande varietà di suoli tra argilla, arenaria, basalto e scisto, valorizzati in bottiglia da un team internazionale, che vede lavorare fianco a fianco il vigneron francese Pierre Seillan (di Vérité Winery in Sonoma County e Château Lassègue a Saint-Émilion, Bordeaux), l’enologo Lawrence Cronin (americano di origini italiane), che dirige la produzione dal 2002, ed il responsabile dei vigneti Michele Pezzicoli.
Una storia di investimenti e di amore per uno dei territori più belli del mondo, ma anche per l’Italia del vino intera, come racconta a WineNews Julia Jackson, seconda generazione della famiglia e da anni impegnata sul tema della sostenibilità ambientale, con la fondazione Grounded, per la quale ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali: “quando i miei genitori iniziarono a pensare di espandersi a livello internazionale, l’Italia era in cima alla lista. Mia madre, Barbara Banke, ha sempre sentito un legame profondo con il paese - la famiglia di sua madre era siciliana - e quando visitò la Toscana e il Chianti Classico per la prima volta, si innamorò della regione. L’opportunità di investire e produrre grandi vini a Castelnuovo Berardenga - spiega, a WineNews, Julia Jackson - è diventata molto più che un’opportunità commerciale. È stata una passione personale che ha attraversato tutta la famiglia. Inoltre in quegli anni, alla fine dei ’90, il mondo del vino era attraversato da un generale senso di entusiasmo e dalla voglia, da parte dei produttori di dare priorità alla qualità del vino. Quando i miei genitori hanno scoperto la storica Tenuta di Arceno - con San Gusmè a fare da sfondo - hanno visto la perfetta convergenza di terroir, storia e potenziale. Come proprietari di seconda generazione, noi condividiamo un legame personale con questa splendida tenuta toscana e sentiamo profondamente la responsabilità di traghettare la visione dei miei genitori nella generazione successiva”.
Una visione che, tra boschi secolari, pievi e castelli che si trovano nella tenuta, in vigna, come detto, si traducono in oltre 60 “micro-cru”, ognuno dei quali caratterizzato da varietà, cloni, portinnesti e buone pratiche di viticoltura adatte al terreno. Che danno vita, ad oggi, a 6 etichette, tra Chianti Classico e Supertuscan, mirate all’espressione della massima tipicità del territorio.
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