L’export tira e il mercato italiano frena. Ma il vino del Belpaese non può appiattirsi su questa verità, e smettere di sperare nella ripresa del mercato di “casa”. Che forse va analizzato in profondità, per scoprire che è fatto di tanti target diversi (uomini e donne, giovani e meno giovani, gusti più decisi e più delicati, consumo fuori casa e tra le mura domestiche) ai quali forse, negli ultimi anni, si parlato erroneamente lo stesso linguaggio, invece che in maniera specifica. È questo, per Marilena Colussi, tra le più preparate ricercatrici dell’agroalimentare italiano, il messaggio che arriva dalla presentazione di “Vino, futuri possibili”, il rapporto di Filiera n. 2 de “Il Sole 24 Ore”, centrato sul tema “come riconquistare i consumatori italiani”. “C’è un dato che deve confortare - spiega la Colussi a WineNews - se è vero che il consumo è diminuito, il numero degli astemi è stabile da anni, sul 6%. Il che vuol dire il 94% degli Italiani ha un rapporto con il vino. E se, su una scala da 1 a 10, gli italiani danno 7 come voto alla loro passione, si danno un 5,5 sulla competenza. Il che vuol dire che bisogna investire in conoscenza ed educazione, ma anche puntare su 3 concetti chiave che i consumatori, anche quelli meno esperti, chiedono a gran voce: naturalità, sostenibilità e territorio”.
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