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La conoscenza del vino, dal Vecchio al Nuovo Mondo, passa per le metropoli multiculturali

Le radici sono nel bacino del Mediterraneo, ma la cultura enoica ormai è un retaggio della cultura globale, dal Brasile al Canada
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Il vino, caposaldo della cultura in tutto il mondo

Il vino, inteso come prodotto della terra e della cultura, ha origini e radici ben salde. Che affondano, per come lo conosciamo oggi, nel bacino del Mediterraneo, dove è approdato, dalla Mesopotamia e attraversando l’Anatolia, più di tremila anni fa. Non esageriamo nel dire che sia uno dei capisaldi della civiltà mediterranea, dalla Francia alla Grecia, dalla Spagna all’Italia. Un tratto distintivo che oggi è arrivato in ogni angolo del mondo, sulle rotte delle migrazioni e sulla spinta della globalizzazione delle produzioni e dei consumi, una spinta che non ha ancora esaurito la propria energia. Diventando un fatto culturale alla portata di tutti. Anzi, negli anni la conoscenza stessa del mondo enoico, delle sue tante sfaccettature, delle sue decine se non centinaia di territori e delle migliaia di etichette che, una volta nella vita, vale la pena bere, è diventata globale, spostandosi costantemente dai Paesi storicamente produttori al Nuovo Mondo del vino, dagli Stati Uniti alla Cina.
Tanti sono gli studi che raccontano come l’interesse e l’approfondimento dell’argomento siano ormai appannaggio principalmente di Paesi come Inghilterra e Stati Uniti, e non è un caso che il più grande produttore di cultura enoica, a livello globale, sia un’istituzione come il Wset, nato proprio in Uk e oggi presente ovunque, anche in Italia. Dove, a ben vedere, la cultura del vino è spesso limitata al territorio di origine di ognuno, proprio come in Francia, aspetto che fa venir meno quel pregiudizio - del tutto positivo - secondo cui italiani e francesi sarebbero i più preparati nella materia. Non è così, o comunque non in senso assoluto e, soprattutto, non è necessariamente vero che i consumi siano più alti dove il vino è una colonna dell’economia nazionale. Restando in Europa, si beve più in Portogallo, dove certo enoteche e wine bar non pullulano, che in Italia.
E questo vale, come emerge da un’altra analisi di Wine Intelligence, “Wine Knowledge And Culture: Are They Related?” anche per il Nuovo Mondo. In Canada, ad esempio, la comunità francese è particolarmente presente in Quebec, Regione francofona nella lingua e nella cultura: in un Paese che di vino ne produce assai poco, è facile pensare che conoscenza e consumi siano concentrati qui. E invece no, al contrario, il Quebec è la Regione del Canada, in assoluto, in cui la conoscenza del vino è ai livelli più bassi, dietro persino a Manitoba ed Alberta, con Ontario di gran lunga la primo posto. Il perché è intuibile: è la provincia di Toronto, metropoli multietnica, un po’ come New York negli Stati Uniti, per cui passa buona parte della cultura enoica.
Una dinamica grosso modo speculare si può vedere anche in Brasile, paese in cui l’immigrazione italiana è stata importante nel secolo scorso, specie nello Stato del Rio Grande do Sul. Dove, nel corso dei decenni, la viticoltura ha trovato sempre più spazio, diventando la Regione enoica di riferimento del Paese, con marchi storici e molto noti, come Miolo, Salton, Aurora e Valduga. Insomma, tutti gli ingredienti per fare del Rio Grande do Sul il punto di riferimento della cultura del vino in Brasile. E invece, non è così: davanti c’è lo Stato di San Paolo,
che ricopre per Paese carioca lo stesso ruolo di Toronto in Canada, una sorta di hub dei consumi e crocevia dell’incontro tra culture.

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