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TRA EMERGENZA E FUTURO

La crisi del Coronavirus riporta al centro il valore fondamentale del cibo e dell’agricoltura

La filiera agricola e alimentare soffre ma non si ferma, come quella della sanità. Mentre gdo e ristorazione fanno i conti con la pandemia
AGRICOLTURA, CIBO, CORONAVIRUS, SPESA, Italia
La spesa ai tempi del Coronavirus

Nei periodi di crisi che si sono succeduti negli anni, l’agroalimentare, è stato spesso sottolineato da tanti, è un settore anticiclico. Aspetto che, a suo modo, si conferma anche in questa crisi epocale e planetaria portata dal Coronavirus, che sta cambiando la vita di tutti. Le aziende agricole e alimentari, così come la distribuzione, si confermano baluardo imprescindibile, tanto da essere comprese nelle attività imprescindibili che devono continuare a lavorare come previsto anche dall’ultimo decreto del Governo per arginare i contagi. Aspetto ovvio, chiaramente, ma che spesso, in tempi normali, non si considera, con l’attività agricola e della produzione di cibo che è fondamentale come quella di ospedali e farmacie. Anche per questo, è lecito aspettarsi che, una volta superata questa situazione, con il tempo che ci vorrà, arrivino misure imponenti per il settore agroalimentare, ben più forti, per esempio, dei 100 milioni di euro per sostenere la liquidità delle aziende inserito nel “Cura Italia”, come sottolineato dal Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova: “ora pensiamo all’emergenza ma ci sarà bisogno di interventi imponenti per il dopo. E la filiera agroalimentare dovrà avere uno spazio centrale perché assicura il cibo necessario”. Come è necessario, ora più che mai, continuare a sostenere le spedizioni di prodotti agroalimentari nel mondo, che chiaramente subiranno una frenata, a causa delle misure, delle chiusure e delle restrizioni agli spostamenti che ogni Stato del mondo colpito dalla pandemia, in tempistiche diverse, sta adottando. Anche perchè, vale la pena sottolinearlo ancora, con cibo e vino il virus non viaggia e non si trasmette.
Lo ha ripetuto a più riprese il mondo scientifico, in un messaggio che, a WineNews, ha sintetizzato, per il vino, anche il professor Luigi Moio, accademico, produttore e vicepresidente Oiv: “per gli alimenti non c’è alcun motivo di allarme, a patto che vengano rispettate le comuni norme igieniche. Per il vino, non esiste alcun rischio: l’ha detto Pasteur 175 anni fa, quando si beveva il vino perché, a livello igienico, era più sicuro dell’acqua”.
Intanto, la quarantena forzata in casa per milioni di italiani cambia l’approccio al vino e al cibo: in tanti, per necessità e per ingannare il tempo che sembra sospeso, riscoprono le lunghe ore passate ai fornelli, e nei supermercati che vedono spesso al loro esterno lunghe code, con livelli di acquisto simili a quelli delle festività natalizie registrati ovunque, con una crescita di oltre il 16% nelle prime due settimane di marzo rispetto al 2019, vanno a ruba prodotti di base, e, secondo i dati Nielsen, nella settimana dal 9 al 15 marzo, rispetto al 2019, si registrano picchi del +185% per la farina, del +82% per la passata di pomodoro o del +65% per la pasta, per fare degli esempi.
Ed i ristoranti? Praticamente tutti chiusi, da diversi giorni, anche per effetto dei diversi decreti, lavorano solo con l’asporto, sistema consentito anche dall’ultimo Dpcm, come ricorda la Fipe: “un aiuto per milioni di persone costrette in casa, in particolare per i più anziani che possono continuare a farsi consegnare cibi preparati nei loro ristoranti di fiducia. Come abbiamo sottolineato sin dal primo giorno - prosegue Fipe - è tuttavia indispensabile che questo servizio venga svolto nel pieno rispetto delle disposizioni di sicurezza sia per i lavoratori coinvolti che per i consumatori”.
E se oggi, ovviamente, la priorità è la tutela della salute di ognuno, la preoccupazione è per quello che verrà dopo, e lo scenario, per i prossimi mesi, è dei più difficili: difficile che si torni alla normalità in tempi brevi, con norme restrittive, seppur meno di adesso, che per un po’ resteranno in vigore, minando anche la stagione estiva, cruciale per il turismo e la ristorazione. Anche per questo ci sarà bisogno di misure imponenti, in cui ad essere chiamata in causa sarà in primis l’Unione Europea, ma non solo, come ricordato nei giorni scorsi a WineNews dal giornalista Carlo Cambi, critico e narratore della gastronomia italiana, ma anche fine conoscitore delle dinamiche economiche: stop all’austerità in Ue, stimolo dei consumi, ma anche cambiamento di approccio da parte dei consumatori, che dovranno tornare a dare più valore alla prossimità e alla territorialità delle produzioni, oltre ad una nuova visione da parte delle aziende, che in qualche modo dovranno rivedere anche i loro listini. E poi un invito per tutti, per aiutare il Paese a ripartire, a viaggiare meno all’estero e di più in Italia, soprattutto nei territori rurali, ricchi di giacimenti agricoli. E se le risorse economiche non basteranno, come è probabile, per rilanciare consumi, magari anche con sgravi fiscali per le produzioni di qualità, c’è sempre il risparmio degli italiani, come sottolineato nei giorni scorsi ai nostri microfoni dall’imprenditore Oscar Farinetti: una patrimoniale dell’1% farebbe raccogliere subito oltre 40 miliardi di euro per sostenere le imprese e far ripartire il Paese.

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