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IL QUADRO COVID-19

La crisi italiana (e globale) nel mondo del vino. Tra liquidità che manca, e ristorazione ferma

Con le incertezze sulla “Fase 2” a livello nazionale e mondiale che complicano ulteriormente le cose, mentre vigna e cantina non possono fermarsi
COVID-19, CRISI, vino, Italia
La crisi italiana (e globale) del vino. Tra liquidità che manca, e ristorazione ferma

La “crisi Covid-19” è globale, e con essa, quella del settore del vino. Italiano, ma non solo. Perchè mentre le attività in cantina ed in campagna devono andare avanti (con tutti i costi che ne conseguono), pesa, sempre più, drammaticamente, la ferma della ristorazione, non solo in Italia (dove le ultime ipotesi della Fipe parlano di una perdita di 30 miliardi di euro a fine anno, ndr), ma in molti dei mercati principali del vino (italiano e non), dagli Usa al Regno Unito, dalla Francia alla Germania, alla Cina (che, lentamente, pare, stia ripartendo).
Tutti Paesi che, in tempi e modi diversi, pensano alla “Fase 2”, ma in ognuno le attività di ristorazione e di aggregazione sociale in genere, saranno tra le ultime a ripartire, almeno per i momenti di consumo “in loco” (mentre in molti Paesi, a differenza dell’Italia, l’attività di asporto è consentita sostanzialmente a tutti. Pesano, e peseranno, dunque, la chiusura temporanea e la ripartenza incerta dell’Horeca e altri luoghi di ritrovo dove la convivialità alimenta il consumo di vini e spumanti.
Ma anche il forte rallentamento dell’industria turistica (che impatta fortemente anche sui tanti investimenti per l’accoglienza in cantina messi in campo negli anni da tantissime realtà del vino italiano), le limitazioni alle libertà di movimento in genere, che dureranno sino a che, di fatto, al di là della primaria e necessaria riduzione dei contagi, non si arriverà ad una cura e ad un vaccino che assicurino il rischio zero (e non succederà prima di 12 mesi secondo le fonti più accreditate). Le cantine d’Italia e del mondo, subiranno nel 2020 cali di fatturato variabili dal 30 al 70%. Più elevati per le cantine medio-piccole. Ma anche chi fa volumi più importanti soffrirà, con l’aumento delle vendite registrato fino ad oggi nel fondamentale canale gdo, ed anche sull’e-commerce, che però almeno in Italia parte da numeri bassissimi, che non compensa affatto il calo dei consumi della ristorazione. Un problema comunque a tutti i Paesi produttori, come racconta, per esempio, la stima che arriva dagli Usa: secondo una prima indagine del “Wine Institute”, le perdite per le cantine americane potrebbero sfiorare i 6 miliardi di dollari. Un dato, su quello che ad oggi è il mercato più importante del vino mondiale, che la dice lunga sull’impatto della crisi Coronavirus per il settore.
Nel mercato italiano in particolare, poi, la crisi di liquidità dovuta ai mancati incassi del periodo, sottolineano in molti, sarà aggravata dall’abuso dei ritardati pagamenti ed insolvenze su fatture già vecchie prima dell’arrivo della crisi. E, qualcuno fa notare, anche dall’estero, mercato che in genere è più rapidamente “solvente” di quello interno, non mancano tentativi di approfittare della situazione. E ci sarà da fare i conti, non per ultimo, con un flusso turistico mondiale che, di certo, per un periodo di tempo che si annuncia non breve, sarà lontanissimo da quello a cui eravamo abituati. Con tutto quello che, ovviamente, e consegue, in termini di consumi, di economia e di occupazione. Un quadro a tinte sempre più fosche, che è opportuno ribadire. Perchè le risposte delle istituzioni italiane ed europee, ad oggi, non sembrano essere adeguate alla gravità della situazione, sia nella portata economica che nelle modalità di accesso.

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