“Dalla lettura delle bozze del decreto, purtroppo ancora non ci siamo. Le misure del Governo si rivelano utili per una piccola platea di imprenditori, quelli decisi a chiedere prestiti sotto i 25.000 euro, ma per tutti gli altri permangono i problemi. Il decreto non sembra rilasciare risorse immediate alle imprese italiane. Chi chiederà cifre superiori ai 25.000 euro deve fare diversi passaggi e rischia di dover aspettare ancora. Anche se venisse confermata la semplificazione della valutazione del credito da parte del Fondo Centrale di Garanzia, bisognerà, comunque, dare il tempo alle banche di svolgere le loro istruttorie. Il che significa ulteriore tempo, visto che anche gli istituti di credito, in questo momento, hanno problemi di organici. Una situazione che rischia di penalizzare chi ha maggiori problemi di liquidità e un tempo di sopravvivenza residua breve, come le imprese dei pubblici esercizi che hanno già perso oltre 22 miliardi di euro nel 2020. Il limite dei 25.000 euro con garanzia automatica al 100% deve essere aumentato. Oltre al danno, però, ecco la beffa: chi riuscirà ad accedere ai prestiti, rischia di dover utilizzare buona parte del credito per pagare le tasse, la cui scadenza è stata prorogata solo fino a maggio. Stiamo assistendo al fallimento di decine di migliaia di imprese”.
Il giudizio che arriva da Fipe-Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi (Fipe), che aderisce a Confcommercio, che rappresenta 300.000 imprese della ristorazione, dell’intrattenimento, del turismo balneare e del catering, è durissimo: “non sottovalutiamo lo sforzo fatto dal Governo, ma serve velocità, zero burocrazia e certezza dei tempi - prosegue la Federazione - e, soprattutto, servono risorse vere, contributi a fondo perduto per compensare anche solo parzialmente la perdita del fatturato. Indebitandosi si sposta il problema, non lo si risolve”.
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