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IL VALORE DEL VINO

La guerra tra Hamas e Israele fa tremare la cantina di Cremisan, a metà tra Israele e Palestina

A Winenews la testimonianza di Fadi Batarseh, enologo-direttore della cantina dei Salesiani (con consulenza di Riccardo Cotarella), simbolo di pace

La vendemmia è appena finita, a Cremisan, a pochi passi da Betlemme, dove la vigna è fisicamente divisa tra Israele e Palestina. La guerra da lì non è vicinissima, ma neanche troppo lontana. Siamo a 15 chilometri da Gerusalemme. Ma “per la prima volta, in tanti anni, i missili che arrivano da Gaza, non sono caduti troppo distanti da noi: non avevo mai sentito tremare la mia casa e la cantina”. Testimonianza fatta di parole preziose, ora più che mai, regalate a WineNews da Fadi Batarseh, enologo e direttore della cantina curata dai Salesiani, con il supporto “pro bono” di Riccardo Cotarella, che più volte vi abbiamo raccontato, e che abbiamo avuto il privilegio di visitare, e di potervi mostrare anche in questo video.
Un luogo che ci entrato nel cuore, un’esperienza in cui il vino diventa “medium” di dialogo e di pace tra popoli storicamente in conflitto, e che ora più che mai, nel suo essere così piccola, rispetto all’enormità della guerra tra Hamas ed Israele, acquisisce un significato simbolico ancor più importante. “Siamo Salesiani, abbiamo la nostra missione, e non facciamo politica. Qui a Cremisan - ci racconta Fadi Batarseh, al telefono - sono sempre venuti tutti, israeliani e non solo, attirati anche dal nostro vino.
Siamo in quella che è classificata “Area C”, siamo sotto il controllo israeliano, ma l’Iva sui prodotti la paghiamo alla Palestina, per esempio”, spiega Fadi per far capire, in modo semplice, quanto sia complicato vivere lì, nella quotidianità, e tanto più con la guerra alle porte, come racconta il giovane enologo che cura il progetto enologico di Cremisan.
“Oggi abbiamo poco più di 2 ettari di vigna, piantate con le varietà autoctone che sono state oggetto anche della mia tesi di laurea, e che ora anche tante cantine israeliane utilizzano (come Hamdàni-Jàndali, Daboùki e Bàladi, ndr), ma nono solo. Ne stiamo preparando altri 3, per arrivare a 5 ettari in totale. Abbiamo piantato vigne in terreni di contadini palestinesi, che così sono rimasti intatti e non sono stati occupati, ma i nostri vini, che servono a sostenere i progetti della missione salesiana in Medio Oriente - soprattutto per i bambini e per le scuole come quelle che abbiamo a Betlemme, Nazareth e non solo - sono amati da tanti israeliani, vengono venduti nei ristoranti israeliani, e gli israeliani stessi sono sempre venuti a degustare i vini a Cremisan, nelle nostre feste, come quelle che abbiamo celebrato a giugno e settembre, anche quest’anno”.

Uno squarcio di presente che arriva da una storia antica, quella di Cremisan, il cui nome deriva da “Kerem Zan”, “Vigna delle uve Zan”, una varietà di uva locale. Un progetto nato dalla vocazione di padre Antonio Belloni, che, nel 1863, ha iniziato a prendersi cura di tanti poveri orfani cristiani nella zona di Betlemme. Cremisan è stata fondata pochi anni dopo come una casa di istruzione religiosa per la Congregazione della Sacra Famiglia stabilita dallo stesso sacerdote italiano. E la pietra sul muro delle Cremisan Wine Cellars riporta la data del 1885. Un sogno di pace, legato anche al vino, che la guerra, che ha già stroncato migliaia di vite innocenti, torna a minacciare concretamente, con il suo orrore. Ma la speranza non si spegne. E “a tra poco sarà tempo di raccogliere le olive per il nostro olio. Vedremo come e quando farlo”, conclude Fadi.

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