Il lavoro e la preghiera convenientemente alternati sono, per San Benedetto, un aiuto all’uomo di ogni tempo per riconoscersi creatura che coopera con l’azione creatrice di Dio in un equilibrio armonico e sostenibile perché rispettoso dell’uomo e del creato il cui senso ultimo, per entrambi, origina e conduce a Colui “che move il sole e l’altre stelle”. Racconta questo la raccolta delle olive nei 25 ettari di oliveti delle cultivar Frantoio, Moraiolo e Leccino, e la frangitura nel frantoio, secondo la Regola “Ora et Labora”, dei Benedettini Olivetani nell’antica Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, fondata nel Trecento nelle Crete Senesi, in Toscana, da Bernardo Tolomei, quale inizio e centro spirituale della Famiglia Olivetana. E nella quale da sempre accanto all’olio Evo extravergine di oliva, oggi Toscano Igp, i monaci producono anche vino, cereali, zafferano, aceto, grappa, liquori, fito-derivati e persino tartufi, proseguendo una tradizione secolare con l’Azienda Agricola con Frantoiani dal 1319.
Come attestano le fonte storiche, fin dalla nascita dell’Abbazia nel 1319 (che è tra i numerosi “monasteri del vino” ancora oggi attivi in Italia, come abbiamo raccontato su WineNews), i monaci si dedicarono all’attività agricola in particolare alla coltivazione della vite, come testimoniano le vecchie cantine, dove oggi nascono vini come il Cœnobium, Sangiovese e Merlot, della Doc Grance Senesi, “giovane” denominazione toscana nata nel 2010 su impulso proprio dell’Abbazia e il cui Consorzio è guidato da uno dei suoi monaci benedettini, Don Antonio Bran, ma legata alla storia delle antiche Grance, le fattorie e granai fortificati, particolarmente diffusi a Sud di Siena, di proprietà dello Spedale di S. Maria della Scala, che hanno svolto la funzione di stoccaggio e approvvigionamento di vino e olio per i mercati e le istituzioni senesi fin dall’epoca medievale.
E se un terzo della superficie aziendale viene seminata, a rotazione, per il farro - in particolare la specie “Triticum Dicoccum” - i monaci coltivano anche cece, orzo, legumi, trifoglio, lo zafferano, l’“oro rosso” come viene definito fin dal Medioevo, e, in un piccolo mulino a pietra, lavorano il grano tenero varietà Verna per la farina. Tutti i prodotti e le coltivazioni sono biologici certificati, tipici della Toscana e in particolare delle Crete Senesi. Come il pregiato tartufo bianco, del quale siamo nel pieno della stagione di cerca nelle tartufaie di cui è proprietaria l’Azienda Agricola dell’Abbazia.
Ma i benedettini sono famosi anche per la grappa, e Monte Oliveto Maggiore è celebre per la sua Liquoreria e La Flora di Monteoliveto, un’infusione di 23 erbe invecchiata per più di 6 mesi prodotta dai monaci secondo una ricetta dell’antica farmacia dell’Abbazia, e per l’Erboristeria che prosegue l’attività secolare dei benedettini nella preparazione di fito-derivati per la salute del corpo.
I tre grandi cardini della vita monastica benedettina - raffigurata nel Chiostro Grande, meraviglia di Monte Oliveto Maggiore, con il rinascimentale ciclo di affreschi con le “Storie di San Benedetto”, dipinto da Luca Signorelli e dal Sodoma a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento - sono l’“Opus Dei” (la preghiera corale), la “Lectio Divina” (confrontarsi con la parola di Dio) e “Labora”, ovvero il lavoro manuale, a proposito del quale, la Regola di San Benedetto afferma che “l’ozio è nemico dell’anima, perciò i monaci devono dedicarsi al lavoro in determinate ore e in altre, pure prestabilite, allo studio della parola di Dio. Ma se le esigenze locali o la povertà richiedono che essi si occupino personalmente della raccolta dei prodotti agricoli, non se ne lamentino, perché i monaci sono veramente tali, quando vivono del lavoro delle proprie mani come i nostri padri e gli Apostoli”.
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