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La Repubblica / La Guida Del Cibo

La regina del Montepulciano ... Marina Cvetic, dalle vigne del nonno sulla costa dalmata alle colline dell'Abruzzo, dall'amore per Gianni Masciarelli alle sfide imprenditoriali che ne hanno fatto un'ambasciatrice del vino italiano nel mondo ... “Sono mamma, papà e capo di un azienda” cosi si dichiara Marina Cvetic Masciarelli: meglio di qualsiasi lunga spiegazione, è la sintesi del presente e della filosofia di questa bella e bionda signora croata diventata nel tempo ambasciatrice del vino italiano e abruzzese nel mondo. Qualcosa nella sua storia era scritto, perché il nonno coltivava vigneti sulla costa dalmata e produce- va vino in grandi botti di castagno, con la nipotina a vivere la propria infanzia fra le vigne e la cantina, a respirare l’aria e le stagioni del vino. Ma a imprimere una svolta decisa alla vita della ventenne studentessa di Tecnologie Alimentari all’Università di Belgrado è l’incontro, durante le vacanze d’estate del 1987, e poi il matrimonio nel 1989, con Gianni Masciarelli, già dall’inizio degli anni ‘80 uno degli artefici del rinnovamento e del rilancio della vitivinicoltura abruzzese moderna. Un ingegnere delle acque in meno e una figura femminile di spicco nel mondo del vino, il risultato dell’incontro. Da cui nascono tre figli, Miriam, Chiara e Riccardo, dei quali Marina diventa anche “papà” dopo l’improvvisa, tragica scomparsa di Gianni, il 31 luglio 2008, pochi mesi dopo la nascita di Riccardo. La solida azienda di famiglia, con quartier generale a San Martino sulla Marrucina, all’epoca del loro matrimonio produceva 250.000 bottiglie all’anno, per un mercato quasi esclusivamente locale. Oggi vende all’estero oltre il 50% di una produzione di 2,5 milioni di bottiglie, con un trend sempre in crescita. Merito della visione, delle strategie e del lavoro di Gianni in vigna e in cantina, ma anche di Marina che, dal suo arrivo in Abruzzo, ha portato in azienda il proprio stile, dedicandosi da subito all’area commerciale e facendo più volte il giro del mondo negli ultimi vent’anni per far conoscere e apprezzare innanzitutto il Montepulciano d’Abruzzo, ma anche il Trebbiano, lo Chardonnay, il Cabernet Sauvignon della linea “Marina Cvetic”, fiore all’occhiello dell’azienda. Marina guida una realtà complessa che, oltre al vino, produce olio di alta qualità, gestisce la proprietà e le attività del Palazzo Baronale di Semivicoli. Che è l’altra scommessa, il sogno realizzato postumo di Gianni: un’affascinante dimora costruita fra il Sei e il Settecento, acquistata all’inizio degli anni 2000, salvata dalla rovina e trasformata in una residenza di struggente bellezza per ospiti che sanno apprezzare la quiete di uno scenario a metà strada fra le cime innevate della Majella e l’Adriatico. “Terra, vigne e cielo sono terapie di vita”, ama ripetere nel suo italiano perfetto, segnato soltanto da una lieve cadenza abruzzese. “Donna del vino” verace, nella vigna e in cantina trascorre gran parte del proprio tempo, rifugiandosi quando vuole riflettere nel “pensatoio” segreto dove Gianni cercava quiete, una piccola stanza all’interno di un rudere nel cuore del vigneto di Villa Gemma. Per poi trasformarsi in castellana non cessando mai di prendersi cura del Palazzo: “Non esiste miglior forma di promozione del vino che l’enoturismo e la cultura dell’accoglienza”, dice convinta. E in effetti gli ospiti delle 10 suite del Palazzo trovano accoglienza garbata e discreta, e una cucina di decisa impronta locale concepita per sposare i vini della famiglia. Miriam, Chiara e Riccardo hanno oggi rispettivamente 23, 13 e 5 anni e Marina li porta con sé non solo in vacanza, ma anche nei viaggi di lavoro quando è possibile. Mai è disposta a sacrificare il proprio ruolo di mamma: è regola che pranzo e cena di una frenetica giornata-tipo (che si apre alle 6,30 e si conclude solo a tarda sera) siano sempre consumati in famiglia, tutti insieme. Così come i fine settimana, che si snodano attraverso passeggiate in campagna. Restano ritagli di tempo? “Sì, lettura, soprattutto noir, jazz anni Sessanta, musica anni Settanta e Ottanta...” sottolinea senza sorridere, con un tenue velo di tristezza che, sempre, segna quei begli occhi chiari.

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