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La Stampa / Dossier Piu'

Nell’Arena con l’export nel cuore ... Il Vinitaly, ancor prima di essere una rassegna internazionale di prima grandezza, è il barometro delle aspettative dei produttori e l’edizione numero 41 dice che le aziende vitivinicole italiane scommettono su un incremento dei fatturati e, soprattutto, su un’impennata delle esportazioni. L’indagine l’ha fatta sul web il magazine “on line” www.winenews.it, con risposte che segnalano una solida tendenza all’ottimismo: il 44% delle aziende sente che il 2007 sarà un anno positivo, un’identica percentuale lo reputa in prospettiva abbastanza positivo e il 12% lo vede come molto positivo.
Questo soprattutto in virtù di previsioni sul fatturato, che indicano, a grande maggioranza (87%) una crescita di livelli tra il buono e l’ottimo (dal 5 al 20%), mentre solo per il 13% delle aziende il fatturato 2007 resterà stabile sul 2006. Ma a maggioranza plebiscitaria i produttori ritengono che il 2007 sarà un anno di vero boom per l’export e solo il 5% si aspetta una stabilità rispetto al 2006). A tenere alto l’ottimismo contribuisce la buona crescita delle vendite nella fascia di prezzo dai 5 ai 15 euro franco cantina, indicati dal 57% del campione del sondaggio come i prodotti più venduti. Buona anche la percentuale delle aziende (30%) che vede salire la richiesta dei vini nella fascia di prezzo tra i 15 e i 50 euro, ma c’è anche un 13% degli intervistati che ritiene in aumento la vendita dei vini di prezzo entro i 5 euro, sempre franco cantina.
Per quel che riguarda la classifica dei mercati più importanti per l’export la classifica di Winenews mette al primo posto gli Stati Uniti (indicati dal 35% delle aziende), al secondo la Gran Bretagna (su cui punta il 25% dei produttori), al terzo la Russia (20%), al quarto il Canada (15%) e al quinto il Giappone (5%). Poca fiducia, invece, nella Germania, un tempo fra i clienti di riferimento ed ora considerata “out” dal 34% delle nostre imprese vitivinicole. Seguono la Francia (32%), la Cina, che non sembra ancora essere entrata appieno nei meccanismi commerciali delle aziende (14%), la Svizzera (12%) e la stessa Italia (8%), che continua ad essere considerata per qualche verso un mercato in difficoltà.
Come possibilità di vendita le cantine italiane vedono (45%) le possibilità offerte da hotel, ristoranti e catering (in sigla Horeca) il canale di vendita migliore. Seguono enoteche e wine bar (35%), grande distribuzione (15%) e, buona ultima,la vendita diretta (5%). Cifre e proiezioni che pero restano ben agganciate alla realtà: il presente, e soprattutto il futuro, rimangono incerti, ed è impensabile che il mercato del vino, pur dimostrando una ripresa incoraggiante, possa essere completamente uscito da una crisi notevole in termini di tempi e dimensioni. Ecco quindi la classifica delle eventualità più preoccupanti, che vede ai primi tre posti la possibilità di una picchiata della nostra competitività internazionale (timore espresso dal 31% degli imprenditori), la ancora persistente debolezza nei consumi (paventata dal 26% delle aziende) e la concorrenza dei Paesi del nuovo mondo enologico (un problema per il 17% dei produttori). Seguono, poi, le incognite politico-economiche (gravi per il 13%), una generica incertezza sul futuro (avvertita dal 10%) e i problemi valutari (visti come una minaccia dal 3%).
Ma esprimendo questi timori gli imprenditori vitivinicoli italiani hanno anche dato la loro ricetta per rafforzare le posizioni e la concorrenzialità del loro vino nel mondo. Il primo punto riguarda l’opportunità di aumentare gli investimenti sulla formazione e quelli rivolti alla conquista di nuovi mercati. Poi c’è la necessità di una riconsiderazione complessiva delle politiche di promozione attuate dal nostro Paese, in vista di un piano unitario, senza inutili spezzettamenti fra enti e organizzazioni varie. Terzo punto cardine la necessità di un avanzamento legislativo del comparto vitivinicolo, sia in sede comunitaria, sia nazionale, per snellire i pesanti obblighi burocratici che gravano sulle aziende.

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