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La Stampa / Dossier Piu'

Verona è sempre Verona ... Da un’indagine emerge che i produttori tornano all’ottimismo a tirare è sempre l’estero con sorprese new entry... Vinitaly semina e Vinitaly raccoglie. Quello che ogni anno succede a Verona, quando si aprono i cancelli di questo appuntamento con un mondo difficile da spiegare, perché a cavallo tra la tradizione e il business, è la dimostrazione di come si possa evolvere una storia ultramillenaria pronta ad aggiornarsi. Ad ogni scadenza annuale sembra si sia già detto tutto, invece non è così. Ogni edizione propone un “leit motiv” che dura fino alla successiva: un punto cardinale per le rotte dell’export, della comunicazione, di chi deve produrre e vuoi sapere cosa chiede il mercato. Vinitaly nei suoi 41 anni di vita non è stato fermo ad aspettare, ma è andato incontro al vino, si è fatto nave per navigare attorno al globo, portando messaggi e raccogliendone altri, con il risultato di sprovincializzare mentalità che rischiavano di sterilizzarsi in un’ottica autoreferenziale. Per troppo tempo non ci si è voluti confrontare con il nuovo, disinteressandosene come se non esistesse, per poi trovarsi ad un pelo dal soccombere e a chiedere barriere, difese, aiuti in nome di una mai ammessa negligenza.
Se in Italia le cose sono cambiate è merito anche di Vinitaly, trasformatosi dalla “fiera” degli anni Sessanta in un “motore di ricerca” per nuove opportunità. Ecco perché non ci si deve stupire di trovare nei padiglioni gente dell’India, della Cina o del Giappone, per non parlare dei referenti di mercato più classici, come Europa, Stati Uniti, America Latina, Australia. Vinitaly, diventato copyright di un’immagine universalmente apprezzata, è andato a cercare questi nuovi clienti-partner a casa loro e li ha convinti che nella sfida del vino c’è posto per tutti, sia nel libro del dare, sia in quello dell’avere. Il risultato lo dicono le cifre: oltre 4300 espositori da tutto il mondo per questa edizione, tanto che alla già notevole capienza della struttura fieristica veronese si è dovuto aggiungere un altro padiglione di 13.000 metri quadri espositivi netti. Un business? Per fortuna sì, come dimostrano i 33.000 operatori commerciali dell’anno scorso previsti in crescita del 15%.
Ma “business” non è una parolaccia, tanto più se gestito in sintonia con le caratteristiche di un prodotto tanto evocativo di qualità e stile. A dimostrarlo sono due notizie che anticipano questo Vinitaly 2007. Vengono entrambe da indagini di mercato: la prima è che il modello enologico italiano, basato sul legame tra vino e territorio, ha vinto e convinto i consumatori internazionali. La seconda è che il vino è diventato un prodotto come l’auto o la moda: meno fuoriserie e capi su misura, ma più disponibilità di vetture di classe e abiti “prèt à porter”. L’incremento di vendite più massiccio, infatti, viene dalla grande distribuzione, dove il massimo trend di crescita lo segnano prodotti come il Brunello di Montalcino o il Barbaresco, fino a pochi anni fa patrimonio quasi esclusivo delle enoteche. Il mito si gode meglio se a portata di tutti, questa è la lezione di Vinitaly.

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