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La Stampa / Specchio

Porto il vino tra gli “alternativi ... Nome: Luigi Veronelli, Professione: Enogastronomo, Segni particolari: nato a Milano nel 1926, è uno dei più celebri “critici del gusto” italiani. Nel 1990 è nata Veronelli Editore, che pubblica le sue celebri Guide Oro.

Lei sta organizzando una manifestazione di vini, la Fiera dei Particolari, al Leoncavallo di Milano. Di che cosa si tratta?

Essendoci dietro Veronelli si tratta di un buon vino. E’ una cosa importante per Milano e per la nostra patria.

Perché “importante”?

Perché si tratta di grandi produttori di vino. Per esempio Andrea Franchetti. Ma a quella fiera, a dicembre, ci saranno molti dispiaceri e sorprese.

Perché il Leoncavallo?

Perché sono anarchico e disobbediente.

Passiamo al vino. Quali sono i requisiti perché sia particolare?

Ogni vino bevuto deve raccontare i valori della propria terra. Per questo ho scritto nel 1956 un articolo in cui sostenevo che il peggior vino contadino è migliore del miglior vino industriale.

Che cos’è un vino industriale?

Ogni vino ottenuto da uve acquistate. Non dovrebbe esistere l’industria vinicola. Dal Settecento in poi sono successe tante cose, purtroppo non si è capito che il passaggio dall’artigianato all’industria alimentare è stato un disastro. Io ho tanti anni e ho il coraggio di dire queste cose.

Ma il vino oggi è molto diffuso ...

Si, grazie ai contadini. La nostra patria negli anni 50 aveva solo dieci aziende che producevano e distribuivano in ogni parte d’Italia, ma non era vino: il vino è l’espressione dell’uva prodotta da singole persone in singole terre.
Lei è un po’ passatista? Si: ho 77 anni.
(arretrato de "Lo Specchio de La Stampa" 1 novembre 2003)

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