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La Stampa / Specchio

Bollicine radioattive ... Chernobyl è stato uno dei più importanti disastri ecologici mai causati dall’opera dell’uomo. La scelta italiana di chiudere ogni impianto nucleare presente sul territorio nazionale fu una delle conseguenze politiche di quella tragedia. A vent’anni di distanza, però, si registrano varie voci a sostegno di un ritorno all’atomo come fonte di energia. Il progresso - dicono - rende impossibile il ripetersi di un incendio simile. Alla scienza spetta il compito di esprimere le opportune valutazioni ma esiste un problema, quello delle scorie radioattive, rispetto al quale si brancola ancora nel buio. A questo proposito, una notizia di pochi giorni fa non poteva passare inosservato, almeno agli occhi di un enogastronomo. Un rapporto commissionato dal governo francese a un istituto indipendente ha evidenziato nell’ambiente livelli di radioattività preoccupanti in prossimità del più grande deposito di scorie nucleari d’Oltralpe, a meno di dieci chilometri dai filari di uva destinata a diventare Champagne. Cosa succederebbe se iniziasse a serpeggiare il dubbio che il celebre vino francese possa risentire della scomoda vicinanza? Sarebbe un disastro sotto tutti i profili: economico, sociale e culturale. Basti pensare allo strano caso di Scanzano Ionico, la cittadina lucana dove mesi fa il nostro governo aveva scelto di stoccare le scorie delle centrali, della penisola ormai in disuso. Il solo annuncio della notizia, poi non confermata, perché l’Esecutivo tornò sulla sua decisione, sprofondò per mesi l’agricoltura locale in una crisi drammatica: nessuno in Italia era più disposto ad acquistare anche solo un agrume, un formaggio o un qualsiasi altro prodotto commestibile di quella terra, per la verità ancora incontaminata. L’esperienza dovrebbe suggerire prudenza anche ai nostalgici dell’atomo e conferma che per valorizzare i prodotti di ogni realtà non si può prescindere dalla perfetta conservazione del loro ambiente naturale.

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