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La Stampa / Speciale Vinitaly

Incanto italiano ... Piemontesi e toscani sono tornati a volare: lo conferma Serena Suttcliffe, la regina di Sotheby’s Wine: “Il mondo ha riscoperto la vostra qualità, e non bada al prezzo”... I collezionisti comprano per investimento non per sfizio: qualita. capacità di durare nel tempo, notorietà, rarità e richiesta di mercato guidano le scelte... La crisi ha cambiato i mercati internazionali dai consumi nei winebar di Manhattan o di Berlino, fino alle grande aste internazionali. Serena Suttcliffe guida il dipartimento di Sotheby’s che si occupa di vino, coccolata dai francesi al punto da essere in odore di legion d’onore, considerata la donna più competente del pianeta quando si parla di grandi etichette non ha dubbi: “Il tempo delle follie è finito, gli acquirenti arrivano alle aste con obiettivi precisi. Le quotazioni premiano la qualità assoluta e per costruirla non bastano più le mode”. Cambia la prospettiva. Il collezionista - anche chi ha possibilità economiche illimitate - non compra per sfizio ma per investimento. Il mercato ha fissato quattro regole del gioco precise affinché l’immobilizzo di capitale in bottiglie possa generare profitti: altissima qualità del prodotto, capacità di durare nel tempo, notorietà e richiesta di mercato, rarità. In questo mercato l’Italia non deve farsi illusioni, i passi avanti sono stati tanti ma la Francia resta la regina. “L’Italia - spiega Serena Suttcliffe - è ben presente negli obiettivi dei collezionisti di tutto il mondo ma la Francia si conferma leader. Certo ci sono grandi vini italiani che conquistano sempre più spazio e a vincere sono la qualità e il territorio di provenienza. Il vostro paese deve però essere orgoglioso perché il mondo considera la qualità italiana tra i suoi punti fermi”. Le bottiglie italiane che tengono il mercato hanno caratteristiche precise, sono fuoriclasse con una percentuale di rivalutazione - dal valore nell’anno d’uscita in commercio in enoteca al valore attuale sempre in enoteca - del 400% (con punte anche oltre) per un periodo di 5 anni. Queste cifre, frutto di un’analisi realizzata per “La Stampa” da “Winenews” uno dei siti più cliccati dagli appassionati del vino, sottolineano che le etichette italiane che ce la fanno sono pochissime: bisogna puntare sui grandi rossi (i migliori “super Tuscans”, Barolo, Barbaresco, Brunello, Amarone, pochissime riserve di Chianti Classico, il Sagrantino “25 anni”) che fanno tendenza e mercato, che siano longevi e provenenti da aree classiche o storiche (Langhe, Montalcino, Bolgheri, Chianti Classico, Valpolicella). Aste e investitori poi continuano a puntare su chi ha avuto negli anni un’attenzione costante della critica (soprattutto Parker, Wine Spectator, Decanter, Gambero Rosso) e quindi anche le guide, almeno in questa nicchia di mercato, continuano ad avere il loro peso. Proprio per questo mix di caratteristiche ad attirare l’attenzione nelle aste italiane (su tutte quelle della Gelardini & Romani Wine Auction di Raimondo Romani e Flaviano Gelardini, la prima casa d’aste italiana specializzata in vini d’autore) ed internazionali (da Christie’s appunto a Sothehy’s che, grazie al lavoro della Suttcliffe, è diventata un punto di riferimento) sono - sul fronte dei grandi d’Italia - senz’altro i “super tuscan”, dal gettonatissimo Masseto della Tenuta dell’Ornellaia, passando per il Solaia di Antinori, il Sassicaia della Tenuta San Guido, fino ad arrivare al Sodi di San Niccolò dell’azienda chiantigiana Castellare di Castellina di Paolo Panerai. Bene anche il Brunello di Montalcino di Franco Biondi Santi. Tra i piemontesi molto richiesti il Barolo Riserva Monfortino di Giacomo Conterno e tutti i cru di Gaja, oltre al suo Barbaresco. Interesse in crescita anche per gli Amarone di Allegrini, Dal Forno e Quintarelli. Dati confermati anche dall’ ultima asta italiana - battuta il 13 marzo da Gelardini e Romani - dove ci sono stati incrementi medi del 49%. I francesi hanno brillato come al solito con un’ottima ripresa nelle quotazioni dei premier Cru di Bordeaux specialmente per le annate a cinque stelle di Chateau Lafite Rothschild e Chateau Margaux, che in formato Magnum, annata 2005, sono stati aggiudicati al doppio della base asta. In ritardo e più contenuta la ripresa del mitico Petrus. Ma il dato più positivo è tutto per l’Italia con una notevolissima crescita della domanda per le vecchie annate dei big. Molto bene il Tignanello, in modo particolare il 2004 aggiudicato ad € 119,80 a bottiglia, che segna una crescita del 20% da dicembre 2009 e del 44% da ottobre 2009 (€ 83,00). Sotto i riflettori la Tenuta dell’Ornellaia. Il Masseto ha ottenuto l’aggiudicazione più alta dell’asta, € 3.953,40 per un Doppio Magnum di 2006 ed ha registrato il maggior incremento di prezzo, grazie ai Magnum di 1997 che hanno segnato un +300% rispetto alla base d’asta. Bene anche Ornellaia, con le bottiglie di 1997 a 209 euro l’una, con un incremento del 28% da dicembre 2008 e del 69% da dicembre 2006. I numeri sono con l’Italia e questo Vinitaly sarà anche l’occasione per confrontarsi con le grandi etichette e i loro dominus. Come accade con Antinori che il 9 aprile proporrà una straordinaria verticale delle annate storiche di Solaia, le stesse che brillano nelle aste e a condurla sarà proprio il marchese Piero Antinori affiancato dalla figlie Albiera, Allegra e Alessia. L’ennesimo segno che Verona è la grande vetrina del vino italiano dai miti da asta ai grandi numeri.

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