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La Stampa / Speciale Vinitaly

Prezzi, ambiente, etica: le sfide del Vinitaly ... La kermesse veronese, giunta all’edizione numero 44, arriva in un momento particolre per il mondo del vino che ha da sciogliere numerosi nodi arrivati al pettine. La crisi ha picchiato duro: non tanto in termini di contrazione dei volumi di vendita ma, soprattutto, perché ha scritto la parola fine ad un ciclo di espansione del comparto che nei decenni precedenti (diciamo, per convenzione, dallo scandalo del metanolo del 1986) è stata tumultuosa. Oggi si è in una fase riflessiva all’interno della quale spuntano incoraggianti segnali di ripresa, soprattutto se la ripartenza terrà conto di nuove basi. Tutti gli operatori devono fare i conti con il fattore prezzo. Il tempo dalle bottiglie sfiziose, piazzate sui mercati a decine di euro l’una, con una bella confezione, l’idea di marketing giusta e un pizzico di presunzione, pare davvero lontano. Oggi, come dice un grande dell’enologia italiana, Angelo Gaja, “il consumatore è più attento e disposto a pagare solo se riconosce davvero il rigore e lo sforzo qualitativo. Noi imprenditori non dobbiamo accontentarci, bisogna andare a scuotere tutte le piante per raccoglierne i frutti”. Fuor di metafora, il mercato si è spalmato e non basta essere presenti in Germania, Usa, Inghilterra o Giappone: i fatturati si sostengono andando a cercare anche consumatori in paesi (le piccole piante) che un tempo sarebbero stati considerati minori: dal Portogallo a Malta, dalla Nuova Zelanda all’Islanda. Il prezzo è collegato anche al regime fiscale del vino che, in molti paesi, Inghilterra e Usa in testa, è ancora sottoposto a pesanti accise e tasse. E c’è anche in primo piano la difesa concreta del Made in Italy che ha nel vino uno dei prodotti di punta: decine di organismi se ne occupano, tanti e spesso in maniera non coordinata. E poi c’è la questione del valore aggiunto che ogni bottiglia deve contenere. La correttezza organolettica, con le nuove e crescenti capacità di analisi, non potrà più sfuggire. I soliti furbi sappiano che varietà, origini, perfino annate, saranno sempre più riscontrabili: ciò che si scrive in etichetta deve corrispondere al contenuto. Ma nel bicchiere stanno entrando anche altri valori, a cominciare dal rispetto ambientale della produzione. La nuova strategia di comunicazione di un nome importante come Fontanafredda che sottolinea l’impatto zero dei suoi vini sull’ambiente va in questa direzione così come la prossima Guida edita da Slow Food, non più legata alle sole classifiche dei bicchieri, ma con una voglia di maggiore descrizione dell’azienda e della sua storia e del valore etico-produttivo. Infine c’è la questione del proibizionismo che pesa come un macigno sul settore. Il contrasto agli abusi dell’alcol sta cambiando le abitudini dei consumatori soprattutto al ristorante. Il vino, accomunato agli altri alcolici, rischia la demonizzazione. I produttori sono passati da una fase in cui la maggior parte negava il problema, ad una più attenta strategia di risposta. Lamberto Vallarino Gancia, presidente della Federvini e dell’organismo europeo del settore, cerca il dialogo e promuove la campagna del bere consapevole e senza eccessi. “La tolleranza zero per i neo patentati alla guida possiamo anche accettarla. Ma per gli adulti ci pare necessario un approccio meno talebano alla questione: innalzare il limite di 0,5 grammi di alcol nel sangue a 0,8 per evitare che un paio di bicchieri a pasto si trasformino in un incubo da etilometro”. Giusta avvertenza, a cominciare dai giorni del Vinitaly dove i brindisi non mancheranno.

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