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La Stampa / Speciale Vinitaly

Barolo e Barbaresco: un nuovo presidente, figlio d’arte ... In un mercato del vino (italiano e internazionale) ancora in piena altalena, come stanno il Barolo e il Barbaresco? Difficile dare una risposta a senso unico per i due figli del Nebbiolo di Langa più conosciuti nel mondo. Se diamo uno sguardo ai prezzi forniti dalla Camera di commercio di Cuneo, scopriamo che il Barolo sfuso dell’annata 2006 costa tra i 380 e i 420 euro l’ettolitro, mentre un anno fa il prezzo dello sfuso 2005 oscillava tra i 620 e i 690 euro. E se consideriamo il mercato delle uve, nel 2009 il Nebbiolo è sceso fino a 1,6 euro al chilo, con un tonfo di oltre il 30% rispetto alle quotazioni 2008. Se poi parliamo di scorte in cantina, scopriamo che le giacenze di Barolo al 31 dicembre 2009 sono aumentate di 3 milioni di bottiglie rispetto al 2008, mentre quelle di Barbaresco sono cresciute di poco più di un milione di bottiglie. In tempi di crisi, la tentazione di giocare al ribasso per ravvivare il mercato è sempre dietro l’angolo. E le avvisaglie, in questi ultimi mesi contraddistinti dal segno meno (c’è chi parla di un calo del 20-30% delle vendite), non sono mancate, a partire dalla presenza sempre maggiore sugli scaffali dei supermercati di bottiglie di Barolo vendute a 10 euro. Ma, nonostante tutti questi numeri con il segno meno, il giudizio complessivo non è altrettanto allarmante. Anche perché la svalutazione è una strada ricca di insidie, che i barolisti non intendono affatto seguire per evitare una dolorosa perdita d’immagine. “Meglio rimboccarsi le maniche e intensiticare ancora di più i viaggi e la promozione, per far vedere di che pasta siamo fatti”, dicono i produttori. Anche perché il 2010 ha ormai pronte per il debutto in società le nuove annate Barolo 2006 e Barbaresco 2007, dopo aver concluso rispettivamente i tre e due anni di invecchiamiento minimo previsti dai disciplinari docg. E sono entrambe annate abbondanti, di ottima qualità: di Barolo potranno andare in vendita 11.277.673 bottiglie, mentre quelle di Barbaresco saranno 4.305.333. E se la maggior parte delle aziende attenderà ancora qualche mese prima di proporre sul mercato, preferendo continuare l’affinamento ben oltre il limite minimo, sul versante prezzi nessuno vuol far previsioni. Ma i grandi rossi piemontesi non sono vini che ristagnano. Anzi, quasi sempre trovano prima di altri la strada per risollevarsi. “Io sono un ottimista di natura” dice Pietro Ratti, produttore di La Morra, figlio del grande Renato, e freschissimo neopresidente dei Consorzio di tutela del Barolo e Barbaresco. “E come molti altri barolisti, posso dire che ci sono spiragli di luce. Lo abbiamo notato all’ultimo Prowein, in Germania, e speriamo di trovare la conferma a Verona, durante il Vinitaly”. Barolo e Barbaresco, spiega Ratti, “possono contare su grandi annate, su tanti produttori bravi e dinamici che sanno reagire ai momenti di crisi. È questa la nostra vera forza, un gioco di squadra che pochi territori sono in grado di mettere in campo con altrettanta efficacia”.

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