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La Stampa / Speciale Vinitaly

Lo chef con l’etilometro ti salva la patente ... La paura di essere colti in stato di ebbrezza ai controlli su strada insieme ai prezzi di certe eticette stanno cambiando la carta dei vini nei ristoranti: ora vanno le bottiglie da mezzo litro e il consumo a calice... Così come la cucina innovativa ma legata al territorio piacciono sempre di più le etichette locali, i vini giovani o poco conosciuti e quelli che offrono un giusto rapporto qualità prezzo... Non è forse il caso di affidarsi a Oscar WiIde, per dare consigli a chi va a cena in un buon ristorante: “Trovo che l’alcol, assunto in dosi adeguate, provochi tutti i sintomi dell’ubriachezza”, scriveva lo scrittore inglese, che teorizzava i piaceri della vita senza limiti. I nuovi livelli di concentrazione di alcol nel sangue, imposti dal Codice della strada, non permettono a nessuno di scherzarci sopra e sicuramente hanno contribuito a estendere, anche in Italia, una cultura della sicurezza, già diffusa in altri Paesi. Le esagerazioni sono deleterie, e ne sanno qualcosa i produttori e lo stesso Ministero delle Politiche agricole, che quando è partita la caccia all’ubriacone con l’etilometro sono giustamente insorti contro ogni tipo di eccesso. Un conto è il beverone da sabato sera nei locali della movida giovanile, alla ricerca dello sballo, altro è il consumo di un bicchiere a pasto. La paura fa novanta e il mondo dell’alta ristorazione italiana, che ha sempre accompagnato l’offerta dei suoi piatti con la degustazione di buone bottiglie, sta abituandosi a un nuovo modo di bere da parte dei clienti, terrorizzati dalla possibilità di essere colti in stato di ebbrezza dai controlli sulle strade. Ma anche preoccupati, per il loro portafoglio, dai prezzi che hanno raggiunto certe etichette. L’etilometro e la crisi hanno cambiato le carte dei vini. Lo conferma Giuseppe Ricchebuono, chef del ristorante Il Vescovado-La Fornace di Barbablù, ospitato nella splendida residenza d’epoca di Palazzo Vescovile, sulle colline di Noli (Sv): “Tutti gli aderenti all’associazione Chic, Charming Italian Chef, che abbiamo battezzato proprio sulla mia terrazza affacciata sul mar Ligure, l’anno scorso, stanno ristrutturando le offerte della loro cantina: si cerca di snellire la carta dei vini, per comprimere un po’ i costi, e ci si avvicina sempre di più al territorio. Incontrano molto il favore della clientela le nuove bottiglie da mezzo litro: per un tavolo da due sono l’ideale”. Il cappon magro e il Vermentino sono serviti. Se in Liguria è più facile fermarsi a cena senza problemi quando la camera è sopra alla sala da pranzo, il Piemonte dei grandi rossi ha preso, da tempo, un’altra strada: quella dei vini a bicchiere in degustazione. La Locanda nel Borgo Antico di Barolo (Cn) è un gradevole locale stellato in mezzo alle vigne di nebbiolo. Lo chef Massimo Camia, volto noto delle trasmissioni di Gambero Rosso Channel su Sky, conferma: “È vero, oggi i clienti bevono un po’ meno. Da noi si viene per assaggiare i ravioli del plin ma anche per bere un buon Barolo. Da quindici anni noi offriamo un servizio di degustazione a bicchiere per tutto il tavolo, richiesto e apprezzato. Inoltre gli austriaci, gli svizzeri, i tedeschi che arrivano in Langa da tempo sono abituati a venire con il pulmino con l’autista o con il guidatore designato che, a turno, si sacrifica e non beve...”. Del resto anche un produttore storico come Fontanafredda ha deciso, nella nuova gestione di Oscar Farinetti, di cambiare le misure con le bottiglie dei “valori bollati”, in sostituzione del tradizionale 0,75 l.: “Mezzo litro per due persone, un litro per quattro e 1,5 per sei”. Da Nord a Sud la situazione è diversa. Il giovane chef Niko Romito, titolare con la sorella Cristiana, del ristorante Reale di Rivisondoli (Aq), sui monti d’Abruzzo, è considerato un astro emergente dell’alta cucina italiana (in pochi anni è arrivato alle due stelle Michelin, partendo da una trattoria di famiglia). Sia Cristiana, che segue la cantina, sia Niko, ai fornelli, confermano che le abitudini sono cambiate. “Intanto, sono calati i consumi, almeno del trenta per cento”, dice Cristiana, “più a cena che a pranzo. E poi sono passati di moda i distillati a fine pasto. Siamo pronti a offrirli, ma nessuno li chiede più. Inoltre i clienti amano farsi guidare da noi, scoprire nuovi produttori: e questo nonostante abbiamo in cantina tutti i grandi nomi storici italiani e francesi”. Aggiunge Niko: “Chi viene da noi si aspetta una cucina divertente, innovativa, ed è contento di scoprire etichette che non conosce. Conta il rapporto qualità-prezzo, ma non è l’unico criterio di scelta. E soprattutto possiamo proporre un percorso di vini a bicchiere, grazie al nostro macchinario Enomatic con la bombola di azoto che va a riempire le bottiglie aperte e ci consente di far girare sempre quattro grandi rossi e quattro bianchi”. Non è d’accordo un altro giovane rappresentante della nouvelle vague italiana, Pino Cuttaia della Madia di Licata: “Secondo me la moda del vino a bicchiere è una strategia di marketing di chi vuole svuotarsi le cantine dei ristoranti. Posso capire che sia un’esigenza per chi pranza da solo, ma in un tavolo da quattro si deve mantenere l’abitudine di scegliere una buona bottiglia, poterla stappare e godere con gli amici durante la cena. Anche se qui in Sicilia la scelta di buon senso del “guidatore designato”, che ho visto in Svizzera e Austria, purtroppo non si è ancora consolidata...”. Forse internet potrà presto venire in soccorso dei gastronauti in cerca di esperienze enoiche d’alto lignaggio: a Parigi alcuni ristoranti stellati lo stanno già sperimentando. Il sommelier del locale lancia l’appello on line: “Sabato prossimo apriremo una grande bottiglia di premier cru Romanée Conti: la quota per partecipare alla degustazione è di 100 euro a bicchiere: chi si prenota?”. Così anche una mitica e costosa annata diventa (quasi) alla portata di parecchi portafogli.

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