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La Stampa / Speciale Vinitaly

Il cabernet di Shiva ... Sono 4000 anni che l’India ha scoperto bianchi e rossi ma ora è arrivata la moda. Un mercato da record che oggi vale già 50 milioni di euro. La sfida dei vini di tutto il mondo è l’abbinamento con la cucina speziata... I vitigni si estendono intorno a Mumbai, a nord di Bangalore, sulle sponde del lago di Gangapur, circondati da cantine e wine spa... Incredible India! Così firma il paese di Brahma, Shiva, Vishnu e di un altro miliardo di divinità, la comunicazione turistica. Slogan azzeccatissimo perché l’India sorprende sempre. Che siano i sari stesi ad asciugare o i colori nei mercati, i profumi di fiori e incensi, i sapori speziati, i volti delle persone, la convivenza fra misticismo e kitsch, l’India è meraviglia. Un coniglio saltella in un tempio. Il traffico di Mumbai va in tilt perché una mucca si sdraia in mezzo alla strada. Un guru medita, sorseggiando una bibita gasata. Tutto sembra così naturalmente straordinario e pacificato, anche i contrasti. Persino l’ultimissimo boom del vino.

Il subcontinente degusta. Il mercato enologico sta crescendo con un tasso annuo del 25%, muovendo circa 50 milioni di euro, l’equivalente di 650.000 casse (una cassa = 9 litri). Il consumo si concentra soprattutto in 4 città, che si contendono il 70% del totale: Mumbai, Delhi, Goa e Bangalore.

L’identikit dell’enoappassionato. A determinare la crescita dei consumi concorrono la liberalizzazione dei consumi che ha consentito l’importazione del vino, l’ingresso di aziende straniere con know-how nel settore e l’aumento di livelli di reddito. Su una popolazione di oltre un miliardo, sono 300 milioni di individui a guidare l’esplosione dei consumi e 30 milioni hanno risorse simili agli standard europei. I nuovi consumatori di vino sono giovani fra i 25 e i 40 anni, soprattutto donne. Percepiscono il vino come più raffinato e salutare dei superalcolici, e più “indiano” del whisky, portati dagli inglesi.

Quattromila anni. E qui sta la prima sorpresa. Il vino in India vanta almeno quattro millenni di storia, anche se gli esploratori europei l’hanno scoperto solo fra XV e XVII secolo, durante il dominio Moghul. Anche l’antica medicina ayurvedica conosce da sempre i benefici dell’uva. Alcuni antichissimi medicinali antinfiammatori, antiossidanti sono a base di “vitis vinifera”. Oggi sono 60 mila gli ettari coltivati a vigneti con una produziotie totale annuale di oltre 1,6 milioni dì tonnellate. Le zone più vocate sono il Maharashtra, in particolare la vallata di Nashik e la zona di Sangli, e il Karnataka. I vitigni più coltivati sono Shiraz, Cabernet Sauvignon, Pinot Nero e Merlot fra i rossi, Zinfandel fra i rosati e, fra i bianchi, Chenin Blanc, Sauvignon Blanc, Ugni Blanc, Viogner, Chardonnay e Riesling. Tre i principali produttori: Chateau Indage, a 230 km da Mumbai, fondata nel 1984 con la collaborazione di Piper-Heidsieck, detiene il 75% del mercato indiano dei vini fermi e il monopolio di quelli frizzanti. Grover Vineyards, ai piedi delle colline Nandi, a nord di Bangalore di proprietà di Veuve Clicquot e Kanwal Grover: terreno ben drenato, notti fresche e giorni di sole permettono anche due raccolte l’anno e vini molto piacevoli. Sula Vineyards, vicino a Nashik, 200 km a nord-est da Mumbai, è stata fondata da Rajiv Samant, un ingegnere informatico formatosi nella Silicon Valley. Samant voleva piantare manghi intorno al lago Gangapur. Poi si è accorto che il terreno era simile a quello di Napa e ha piantato la vite. Un successo straordinario. Queste aziende non solo producono vino ma stanno investendo anche nel turismo enologico e nella vinoterapia, legandosi all’antica cultura ayurvedica con un approccio ecologico-olistico. Nascono strutture alberghiere con spa, che propongono trattamenti di bellezza con i vinaccioli, residuati dopo la vinificazione. Peeling al cabernet e maschera al merlot.
Cabernet “Tandoori”. Ma come si sposano i vini indiani con la cucina indiana? L’abbinamento territoriale è perfetto. Come se cibo e vino in questo paese fossero nati per stare insieme. La cucina del luogo è molto equilibrata. C’è sempre una base digestiva o acida, (limone ad esempio) ad alleggerire un piatto pesante. Le spezie sono onnipresenti e conferiscono un gusto amarognolo e intenso ai piatti. Con i “dhal” (legumi), verdure e cereali, sono perfetti i bianchi aromatici, secchi e profumati come il Gewürtztraminer (gewürtz significa spezia), il Moscato Bianco o il Riesling, caratterizzati da una buona morbidezza. I rosati, freschi e profumati, sono adatti alle preparazioni più robuste. La complessità dei rossi e l’acidità dei bianchi possono accompagnare anche pollo, pesce o portate vegetariane. Con le carni marinate nello yogurt e cotte nel tandoori, il tipico forno indiano, sono perfetti i rossi strutturati e morbidi come il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Pinot Nero. Le bollicine sono sempre perfette con la loro acidità ad abbinamenti con i piatti a base di panna come il “korma”. L’accoppiamento migliore però dipende dal proprio palato anche se è risaputo i vini non troppo alcolici sono consigliati per ridurre il calore del piatto. Una bottiglia fresca e fruttata esalta i sapori più di una barricata. I menu più ricchi vanno bilanciati con vini sostenuti da una buona acidità, dall’effervescenza o dal tannino.

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