La Stampa / Tempo Libero

In cantina - Il Chianti e la Chianina ... Ha ragione Dario Cecchini, il macellaio più famoso d’Italia, quando sostiene che la sua chianina va con un Chianti. Anzi, ogni carne, dalla romagnola alla lombarda, dalla piemontese alla marchigiana, cucinata in padella, succulenta e morbida, andrebbe bene con un Chianti. Ma non quello folcloristico delle bottiglie con il collo lungo che vendevano l’immagine di un’Italia pizza e mandolino. Perchè il Chianti ha subito anche questo svilimento, unito al fatto che, essendo la doc (ma è corretto parlare al plurale) con più bottiglie, nel tempo ha allargato la sua forbice in qualità e prezzi. Eppure quando assaggi una bottiglia avvincente, questo vino ammalia, come quel Chianti Classico riserva 94, dell’azienda Carobbio di Panzano in Chianti, caldo nella sua espressione, giustamente tannico, che m’ha ricordato con estrema convinzione la verità di un vino, quella che viene fuori con l’invecchiamento. Il 2001 ha gli stessi lineamenti felici della fruttuosità al naso e della morbidezza in bocca, curati da un enologo toscano che lavora con il cuore ed il cervello, Lorenzo Landi, e che ha saputo rimettere i puntini sulle i in una terra gloriosa. Sarà da giudicare in seguito la riserva 2000, perché l’evoluzione di un grande vino è molto lenta, così come lo fu il 1994. Ma intanto ecco il Pietraforte del Carobbio, ovvero cabernet sauvignon di bell’eleganza ed il Leone di Carobbio che è un Sangiovese caratterizzato dalla medesima pienezza al gusto degli altri vini. Ma a noi piace tornare al Chianti, pensando a quella forbice dei prezzi che magari si andrà a restringere, tagliando la strada a qualche supertuscan di troppo, magari pensato per certi gonzi col portafoglio pieno.