02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

La Stampa / Tempo Libero

Sostiene Carlin - Quel vino sa troppo di marketing. L’esempio australiano: si parte dal consumatore e gli diamo ciò che vuole ... Durante i festeggiamenti per il 50°anniversario della Fondazione dell'Antica Contea di Castelvero si è tenuto, in contemporanea dell'apertura al pubblico dell'azienda Agricola "Il Cascinone" appartenente al gruppo Araldica Vini Piemontesi, il convegno "Tradizione o innovazione per i vini piemontesi?" che ha proposto diverse visioni sullo stato attuale dei vini in Piemonte in rapporto ad altri modelli, come quello australiano. Era, infatti, presente Robin Day, direttore dell'Australian Wine Research di Adelaide, in Australia, che, nel suo intervento, ha illustrato con una serie di dati e grafici il modello enologico australiano nel suo complesso, ed alcune previsioni su quella che dovrebbe essere l'evoluzione dei consumi di vino. Dalla sua relazione, andrebbero fatte alcune riflessioni insieme a qualche premessa: l'Australia è certamente una terra immensa che gode di un clima più "stabile" nelle zone di coltivazione della vite, ma molto diversa rispetto alla conformazione delle nostre colline. Sono terreni più piani in cui è stato facile attivare una tecnica di potatura e raccolta della vite interamente fatta a macchina, rispetto ad una viticoltura da collina, come è quella del Piemonte, fatta di uve autoctone, e con una geomorfologia del territorio che, di fatto, non lo permette. Inoltre, al momento, non esiste una vera regolamentazione sul vino in Australia: per esempio, la sola restrizione che ha un vino che porta il nome di un territorio è quella di avere un minimo di 85% di uva di quella stessa regione, il che pone una certa disparità nei confronti dell'Europa, dove, invece, le regole sono più severe. Spiegando la grande espansione che ha avuto il vino australiano all'estero, Robin Day ha illustrato un modello fortemente incentrato sul marketing e, quindi, sul consumatore che, non lo nego, mi ha fatto una certa paura. Soprattutto quando, esplicitando un piano di sviluppo previsionale che prevedeva la piena realizzazione nel 2025, ha annunciato che è già stato raggiunto nel 2004; mi sono allora chiesto: che programmazione era? Quanto era sotto controllo se tutto è successo con 20 anni di anticipo? Ma il messaggio che mi ha lasciato maggiormente preoccupato è stato quando si diceva: partiamo dal consumatore e costruiamo dei vini in funzione delle sue preferenze. In sostanza, è giusto produrre solo ciò che ha successo sul mercato. In questo modo, come possiamo non diventare schiavi delle mode e del mero e semplice consumo? Ritengo che il Piemonte, rispetto a nuove realtà come è quella australiana, debba partire da una sua propria specificità territoriale. Guardare e imparare da ciò che succede altrove, unire tradizione e innovazione non significa dimenticare cosa siamo e cosa sono le nostre terre. Se il caso della Francia ha mostrato quanto fosse sbagliato chiudersi in se stessi nella convinzione di essere i soli a produrre il vino migliore, questo non significa che terre storiche come sono quelle di Langa o del Roero, debbano uniformarsi alla preferenza media del consumatore.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su