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La Stampa / Tuttoscienze

E’ «global» l’invecchiamento in barrique?
Scontro tra due scuole enologiche: forse saranno i farmacologi a condizionarne l'esito ... Vaniglia, miele, caramello, cocco, cannella, chiodi di garofano. Non stiamo parlando di prodotti da forno, ma di vino invecchiato in «barrique». Il contenitore usato per la fermentazione del mosto e l'affinamento del vino ha grande importanza per il prodotto finale. Diversamente dal metallo, la botte di legno non è infatti impermeabile o inerte. Oggi dominano botti di rovere, ma la loro egemonia è recente, in quanto una volta si usavano anche botti di pino, castagno e sequoia, con una varietà di aromi che l'eccellenza del rovere ha portato all'oblio. L'affinamento in botti di legno non è solo un fattore aromatico, che contribuisce a generare vini muscolosi e "palestrati", ma un fenomeno molto più complesso. Il vino si concentra infatti per evaporazione di acqua e alcol dai pori del legno. Le cantine umide favoriscono l'evaporazione dell'alcol, mentre quelle asciutte favoriscono la perdita dell'acqua. Poi avviene una vera e propria armonizzazione fra la chimica del legno e quella dell'uva. Il vino assorbe dalla «barrique» principalmente due note aromatiche, quella vanigliata e quella caramellata. Una serie di lattoni, sovente dal nome evocativo (whisky lattone), sono responsabili delle note vanigliate, mentre quelle caramellate derivano dalla tostatura cui è sottoposto il legno delle botti. Il vino assorbe anche i tannini del legno, e queste interazioni sono a loro volta soggette all'azione dei lieviti, i quali possono trasformare ulteriormente i composti del vino, e in particolare quelli della rovere e quelli che si formano dalla loro interazione. La «barrique» globalizzerebbe il vino, livellandone la qualità verso un gusto "boisé" che, anche se piacevole, non è più tipico, in quanto privo del "terroir", cioè il carattere per cui il vino ha una sfumatura diversa da una collina all'altra. Tuttavia, se la «barrique» globalizza il vino, diversifica invece i consumatori, dividendoli fra gli estimatori e i detrattori del boisé. E' questione di gusti personali, ma di sicuro l'enologia è una scienza che non è mai stata neppure sfiorata dal «rasoio di Ockham»! (arretrato de "La Stampa" del 14 aprile 2004)

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