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La Stampa

«Il vino non deve temere le sfide»: il «guru» di Barbaresco suggerisce di lavorare ala creazione di un codice europea per il settore. Gaja: realtà produttive come l´Australia fanno parte del gioco ... L'Italia e l´Europa possono aver paura delle nuove realtà vinicole, come l´Australia? La domanda se l´è posta Angelo Gaja, "guru" del vino italiano, che sul tema ha organizzato un incontro a Milano, invitando i rappresentanti della Southcorp Wines, il potentissimo raggruppamento di cantine australiane, che fattura l´equivalente di 800 milioni di euro l´anno. «Per affrontare il problema bisogna prima considerare che i risultati economici della vitivinicoltura, come per ogni altra attività agricola, sono legati alle condizioni climatiche - spiega Angelo Gaja -. Nel 2002, a causa delle avverse condizioni climatiche, l'Italia viticola ha perso oltre il 20% di produzione. Di conseguenza sono aumentati del 20-25% i prezzi a bottiglia dei vini da tavola e delle Doc di prezzo più basso, che rappresentano quantitativamente la colonna portante della nostra esportazione. Sui mercati legati all'area dollaro inoltre, la svalutazione del biglietto verde rispetto all'euro farà salire i prezzi dei nostri vini di un altro 20% almeno. Insomma una situazione critica, ma che non e del tutto nuova e non può trovarci impreparati». Secondo Gaja il calo di produzione della vendemmia 2002 non avrà conseguenze immediate sui vini italiani di pregio, che dispongono ancora dell´annata 2001 e di altre precedenti. Ma chi si avvantaggerà delle difficoltà dei nostri vini di prezzo più contenuto? «I vini dei Paesi emergenti - risponde il famoso produttore di Barbaresco -, alla testa dei quali c'e' l'Australia. E realtà come "Southcorp" fanno paura, sono viste dai nostri industriali del vino un po´come il "babau". Perchè in Australia hanno avuto un 2002 con produzione più abbondante della norma, sono legati all'area dollaro ed hanno una visione del mercato molto aperta, adottano strategie di marketing molto aggressive, sono gia' molto ben posizionati sui mercati esteri». «La tendenza - prosegue Gaja - è quella di screditare gli australiani perche non hanno vincoli di impianto e adotterebbero tecniche di cantine non consentite "ufficialmente" in Europa, oltre non accettare le nostre regole, visto che sono fuori dell´Oiv. Ma questo non cambia le cose. Quindi, quale strategia suggerire? Lavorare alla svelta per redigere un "codice del vino europeo" e per farlo l'Italia dovrebbe cercare di lavorare a fianco della Francia, riconoscendole una leadership che ha a tutti gli effetti, inserendo le nostre richieste specifiche ed assumendo un ruolo di moderatrice. Poi, una volta costituita a Bruxelles la commissione che dovrà realizzare il «Codice del vino europeo», autorizzarla da subito a negoziare con i Paesi degli altri continenti, per una base di accordo che tuteli ragionevolmente gli interessi dell'Europa, senza calpestare quelli degli altri». Ma il «babau» può fare paura sul mercato italiano? «Per il momento no - asserisce Angelo Gaja -. Nella fascia dei vini da tavola, nonostante il recente aumento di prezzi dei nostri vini, per gli australiani sarà molto dura competere. Possono tutt´al più aspirare ad entrare, con volumi molto modesti in alcune nicchie di prezzo medio alto e alto. Sui mercati esteri questa concorrenza nei vini di pregio potrebbe impensierirci perchè non abbiamo «Golia» come Southcorp. Pero' non partiamo affatto sconfitti, perchè abbiamo migliaia di "Davide" e poi, ad un vero scontro non si arriverà mai. Perchè le previsioni sono che continuerà a crescere la domanda per i vini di pregio e non occorre che i "Davide", per quel che riguarda la rete distributiva, debbano copiare le mosse di «Golia». Pero' occorrera' essere informati, capire come si muove questo tipo di concorrente. Insomma non pretendere di vincere un confronto essendo totalmente impreparati e cantando litanie di lamentazioni».

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