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La Stampa

Sul vino l’incognita dei prezzi. La qualità italiana al centro del sistema, ma la concorrenza straniera preme in ogni mercato. Alemanno: ci difenderemo dagli enofalsari ... Il vino è di tutti, ma proprio di tutti, persino di chi non lo beve. Questa è l’impressione che si ha dopo quattro giorni di questo Vinitaly, che chiude domani: tra le decine di migliaia di appassionati esperti in ogni segreto di bianchi e rossi ci sono anche ragazzini da bollicine analcoliche o fautori dichiarati della birra che macinano chilometri aggirandosi con occhi stupiti tra le centinaia di stand. Curiosità, ricerca di sensazioni sì, ma soprattutto la consapevolezza che il vino è un patrimonio di cultura, una parte che è impossibile trascurare della personalità e dell’economia del nostro Paese. L’«italian style», piace, tanto che, nella moda come in cantina, sta sostituendo quello dei nostri amici-competitori francesi. Sarà per questo che nel mondo si cerca con tanta spudoratezza di copiare i nostri vini, un fatto che preoccupa il ministro delle politiche agricole, Gianni Alemanno: «Saranno le regole di una qualità condivisa da tutti i protagonisti del settore a rilanciare nel mondo la leadership italiana del vino» dice il ministro. Ed aggiunge che l’obiettivo va raggiunto e difeso con un'attenta gestione della politica comunitaria e nazionale, rivisitando l'Organizzazione comune di mercato del vino, per tutelare l'economia continentale dalla «vitalità produttiva» di molti Paesi terzi. «Il vino è un prodotto tipico europeo e l’enoturismo è la sua industria», commenta Pierdomenico Garrone, presidente dell’Enoteca del Piemonte, coinvolto al massimo nel più grande progetto di quell’appena varata «Enoteca Italia» che dovrà costituire una nuova punta di diamante nella promozione del settore. E l’assessore piemontese Ugo Cavallera su questo terreno sta coordinando la realizzazione di una «Carta dell’enoturismo d’Europa», che unificherà le linee guida di questa attività, da sottoporre alla Commissione Ue. Ma, ancor più realisticamente, il vino è «rito e alimento quotidiano, che occupa un posto importante nella piramide alimentare», come conclude un'indagine di mercato effettuata da Caviro e Ac Nielsen in cui si evidenzia che il 66,3% della popolazione al di sopra dei 14 anni beve vino. E un altro sondaggio, condotto dall’associazione «Go Wine» su un campione di consumatori tra i 18 e i 30 anni, indica che per il 90% di loro il vino è vissuto come un prodotto naturale ed è importante che abbia uno stretto rapporto con il territorio. La grande incognita che comincia a preoccupare è quella dei prezzi. «Non possiamo vivere sugli allori e che dobbiamo stare attenti a restare competitivi per evitare di trovarci spiazzati in un mercato mondiale che continua a evolversi e non guarda in faccia nessuno», ha avvertito il governatore del Veneto, Giancarlo Galan. Un allarme che sta emergendo in tutta la sua gravità dopo anni di segnali sotterranei e le previsioni di chi ha la vista lunga come il leader di Slow Food, Carlo Petrini, o Ezio Rivella, attualmente preseidente dell’Unione Italiana Vini: «Se continuano tutti a voler vendere i vini a 30-35 euro ed oltre alla bottiglia si rischia di far saltare il mercato. L’area dei vini di vertice è ristretta - dice Rivella - ci sono sì e no venti aziende in Italia che possono permettersi di fissare qualunque prezzo senza che il consumatore si lamenti. Gli altri possono piazzare dieci bottiglie o cento a un prezzo altissimo, però poi non venderanno il resto della cantina. Il valore di un vino va costruito: ci vogliono tempo, fantasia, investimenti e lavoro. Insomma per sfondare bisogna scegliere un segmento alla propria portata e stabilire un prezzo giusto». «Nel settore - prosegue Rivella - c’è da aspettarsi due o tre anni di stasi e a farne le spese saranno i più deboli, cioè i meno professionali quelli che si illudono di fare vini da prezzi altissimi comprando una bella azienda, assicurandosi un un bravissimo enologo, studiando bene bottiglia ed etichetta. Bene, anche nei casi in cui alla fine si riesce ad avere un ottimo vino, tutto questo è solo l’inizio. Poi si deve scendere nell’arena con altri 10 mila competitori, che, tutti con la lo bottiglia in mano, vogliono arrivare alla fine della maratona». Ed il fatto che sia stata la canadese Vineland Estates Winery ad aggiudicarsi il premio «Gran Vinitaly 2003» deve far riflettere sulla dimensione di una concorrenza globale, che, in molti casi, non dorme anche nella ricerca della qualità.

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