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La Stampa

Torna la vendemmia a cinque stelle. Secondo assoenologi si profila una grande raccolta, anche la quantità risale (+14% sul 2003). Dopo due anni di sofferenza la qualità è al top. Si produrranno oltre 50 milioni di ettolitri. Se il clima di settembre non subirà peggioramenti bianchi e rossi saranno di alto livello ... “Dopo due anni discutibili, se settembre decorrerà nel modo più opportuno, continuando a regalare giorni di sole, qualche pioggia ed una buona escursione termina notturna, il 2004 potrebbe essere uno dei millesimi più interessanti degli ultimi dieci anni, molto vicino se non superiore al 1997”. Secondo Giuseppe martelli, direttore generale dell’Assoenologi, le “premesse per firmare un’eccellente produzione ci sono tutte”. E in effetti le previsioni dell’organizzazione nazionale di categoria dei tecnici del settore vitivinicolo per la vendemmia appena cominciata - fino a ieri è stato vendemmiato solo il 5 per cento della produzione - è che “sia i vini bianchi sia quelli rossi possono raggiungere alti livelli qualitativi”. E se la voce “qualità” si attesta praticamente in tutte le regioni sull’”ottimo” la voce quantità è ovunque con il segno positivo: “dopo due anni di forte decremento, siamo tornati ad una vendemmia che rientra nella media quinquennale (1999/2003) e si attesta sui 50,6 milioni di ettolitri di vino”, precisa Martelli. Il 14% cento in più del 2003 quando venne raccolta “una delle produzioni più contenute degli ultimi 50 anni”. Difficile, invece, fare previsioni sull’andamento dei prezzi visto che le contrattazioni sono praticamente ferme, fatta eccezione per alcuni scambi riferiti alle varietà precoci. Secondo il direttore dell’assoenologi, comunque, per i “prezzi all’ingrosso la tendenza è quella di un generalizzato ribasso dei vini sia bianchi che rossi rispetto ai prezzi spuntati nello stesso periodo dello scorso anno”. Se questo è il dato generale l’organizzazione di categoria sottolinea anche che “per alcune tipologie le trattative mettono in luce un leggero incremento dei prezzi”. In netta controtendenza, la Sardegna dove, considerata l’assenza di giacenze e la produzione relativamente limitata, le quotazioni dei vini a denominazione di origine fanno registrare decisi incrementi. Per quanto riguarda i produttori europei “le prime valutazioni - prosegue Martelli - fanno registrare in Francia un incremento della produzione inferiore al 10% rispetto allo scorso anno con qualità a macchia di leopardo. La Spagna ha ulteriormente incrementato la sua produzione superando i 45 milioni di ettolitri. La qualità è giudicata interessante sia nel Nord che nel sud del Paese”. Cresce la produzione anche in Germania: 10 milioni di ettolitri, quasi tutti a denominazione di origine e di qualità soddisfacente. Previsioni che rendono meno pessimistici i primi dati di mercato che arrivano dai mercati internazionali. Ancora Martelli: “I dati delle nostre esportazioni dei primi 4 mesi del 2004 mostrano una situazione molto simile a quella registrata nel 2003: la perdita in valore è attestata sul 6%, mentre in volume siamo sotto del 16%. In Vqprd rossi rimane sul 20% in valore e sul 10% in volume. Piemonte Veneto e Toscana sono le regioni più penalizzate”. Diverso il dato dei “Vqprd bianchi che crescono invece di oltre il 4% in valore. In questo scenario risulta molto decisa la lievitazione dei bianchi da tavola, una prova in più che il decremento è dovuto principalmente al minor potere di spesa del consumatore che si orienta verso vini di più basso costo”. Che fare, allora? “In futuro la metamorfosi sarà nel vigneto”, prevede Martelli. Poi spiega: “L’età media degli impianti italiani è di oltre 30 anni e le ore lavorative anno/uomo/ettaro sono mediamente 400. Da qui la necessità di un cambiamento di rotta, pena un ulteriore abbandono delle superfici vitate con il conseguente decremento della produzione, passata da 74 milioni degli anni ’70 agli attuali 50”. Secondo l’assoenologi “nell’arco di quindici anni quasi il 70 per cento aziende viticole con più di 20 ettari dovranno essere meccanizzate per far scendere le ore anno/uomo/ettaro mediamente intorno alle 200”. Per coloro che non seguiranno questa trasformazione “il rischio è di uscire dal mercato, fatta eccezione per chi si basa su produzioni di alto valore aggiunto o si trova in zone di difficile coltivazione”. (arretrato de "La Stampa" del 5 settembre 2004)

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