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La Stampa

Una banca dati internazionale per i vini poco noti. In Italia esistono potenzialmente mille varietà autoctone, profondamente legate al territorio…La parola d’ordine è organizzazione. Lo scorso novembre al Salone di Torino è andato in scena il primo Forum nazionale dei vitigni autoctoni, 117 specialità. Dallo scorso maggio giace in Parlamento una proposta di legge per la tutela e la valorizzazione del «vino locale». La Regione Sicilia ha avviato un progetto per lo studio delle caratteristiche di circa 6700 presunti cloni di vitigni autoctoni con lo scopo di raccogliere il materiale genetico disperso sul territorio regionale e creare una banca dati, la prima a livello internazionale di tutte le tipologie esistenti». Del resto questo è un settore nel quale nessuno può fare concorrenza alle produzioni italiane».
In Italia si assistono potenzialmente circa mille varietà autoctone da utilizzare, diciamo potenzialmente in quanto solo 250 sono immediatamente coltivabili. Il loro pregio è che non sono esportabili in quanto profondamente legate al territorio. I vitigni autoctoni italiani costituiscono a tutt’oggi io fondamento su cui si basa la viticoltura nazionale anche se negli ultimi anni devono fronteggiare il recente successo delle varietà internazionali che hanno un’incidenza totale sul vigneto italiano pari all’8% del totale, che sale però al 13 nel comparto dei vini al Doc e Docg.
Spiega Massimo Corrado, presidente di Go Wine, l’associazione che ha lanciato il percorso «Buono .. non lo conoscevo»: «Il concetto di riscoperta o di valorizzazione non si ricollega tanto a un richiamo alla tradizione ma risponde all’esigenza di perseverare il Dna viticolo di un territorio evitando il rischio della globalizzazione dei cosiddetti vitigni internazionali che peraltro giocano un ruolo importante che non si vuole disconoscere». Ma il «non disconoscere» non significa non contrastarli. Ancora Corrado: «il nostro paese possiede il più ricco patrimonio viticolo del mondo, una ricchezza cultural ed economica dove il rapporto di tipicità e unicità che lega i vitigni autoctoni al territori d’origine rappresenta il fattore più importante del successo dei vini italiani nel mondo.
Tutto facile allora? Il «vino locale» deriva da vitigni difficili che, a differenza di quelli internazionali, hanno un potenziale enologico di difficile espressione; vanno studiati, capiti, così come va individuato e conosciuto il loro «Lerroir» ideale. Insomma, serve fare ricerca. E’ proprio questa convinzione che ha spinto i parlamentari, Diliberto, Rizzo e Pistone a presentare una proposta di legge che «tenta di dare una risposta alla mancanza di competitività italiana nel settore dei vitigni internazionali». Duplice l’obiettivo. Il primo valorizzare i vitigni autoctoni come espressione del territorio attraverso la riscoperta e la sperimentazione di quelle uve che non vengono vinificate da decenni. Il secondo, contenere i costi di produzione. Si vedrà.
Una cosa è certa: a fronte di investimenti e di successo crescente, il vigneto Italia, continua a pagare il prezzo della scarsa conoscenza. Un esempio? Per trentasei italiani su cento il Tavernello è un vino tipico locale mentre oltre il settanta per cento degli intervistati non è in grado di classificare il Sagrantino. E’ questo il risultato di una ricerca dell’ottobre del 2003 commissionata per la rassegna Vinum Loci che si è svolta a Gorizia. E il Sagrantino è in buona compagnia: Nubbiolo, Piccolit, Sangiovese e cannonau pure alla moda, restano sconosciuti al grande pubblico. Il 68 per cento degli oltre mille intervistati in tutta Italia non conosce il significato le termine autoctono riferito ai vigneti. Color che dichiarano di conoscere il termine autoctono non sono in grado di definire l’esatto significato al punto che il 44 per cento del campione lo associa alla caratteristica di genuino.
Dati che dimostrano come la potenzialità di crescita del «vigneto in Italia» siano ancora elevate soprattutto perché «d’originalità e l’unicità di un vitigno – conclude Corrado – costituisce un’importante motivazione anche per lo sviluppo del turismo del vino.


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