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La Stampa

Consorzi del vino, con le nuove norme si torna al Medioevo ... Gli uomini liberi devono molto a Charles Louis de Secondat, Barone di Montesquieu. Fu lui, elaborando la teoria della separazione dei poteri, a spingere la civiltà europea fuori dal feudalesimo. Oggi c’è una grande affinità tra le idee del grande filosofo illuminista e i vignaioli italiani, ma la cosa non deve stupire. Montesquieu era di Bordeaux, una delle zone più vocate al mondo, però non è qui che va ricercata la ragione di tanta sintonia. Il fatto è che, in Italia, il mondo del vino sta per ripiombare in piena età feudale. Dato che sono in molti a volersi ribellare a questo destino, rispolverare il suo insegnamento può tornare utile. Esiste una legge della Repubblica che disciplina il funzionamento dei consorzi vitivinicoli. E’ in vigore dal ’92 e secondo l’opinione delle organizzazioni di categoria sarebbe stato utile aggiornarla in senso federalista. Tra testo originario e norme attuative, alcune ancora in via di approvazione, il quadro normativo invece va giusto giusto nella direzione opposta e si appresta a cambiare nel modo che proverò a spiegare. Primo: la legge stabilisce che in consorzio, raggiunto un certo livello di rappresentatività, detti le sue regole erga omnes, esercitando un potere immenso anche nei confronti di chi dal consorzio è uscito oppure non è mai entrato. Secondo: la grande innovazione sta nella ripartizione dei voti all’interno dei consorzi, non più il principio “una testa un voto” bensì un sistema ponderato in base al quale il peso decisionale di ognuno è calcolato sul numero di bottiglie prodotte annualmente. Terzo: a 14 diversi controlli esercitati dallo Stato sulla produzione di vino, si aggiunge quello, determinante, esercitato dal consorzio. Ecco che in tre mosse si consuma un passo indietro di un paio di secoli e ci ritroviamo in pieno ancièn regime. Uno stato debole, come nel Medioevo, delega, a consorzi controllati saldamente dei Signori dei grandi numeri, il potere di dettare le regole per tutti e di decidere i controlli sugli associati. Ma, se sono i consorzi a dettare le regole e a fare i controlli, occorrerebbe porsi la fatidica domanda “quis custodes custodiet”? Chi controlla i controllori? Ed è qui che viene in aiuto Montesquieu a spiegarci che quando tutti i poteri sono concentrati non c’è più spazio per la libertà e tutto diventa arbitrio. Si introduce la dittatura della quantità, con buona pace degli artigiani della vigna che anno dopo anno hanno costruito sul terreno il buon nome delle bottiglie italiane nel mondo. La piccola produzione artigianale viene umiliata e ai grandi vignaioli che fino ad oggi hanno tirato la carretta viene chiesto di farsi da parte. Non credo che tutto ciò si giusto. Occorre ricordare che è stata proprio la piccola conduzione familiare a fare scuola, trascinando l’intero comparto, comprese le aziende con una produzione più ampia verso una maggiore attenzione alla qualità, con grandi benefici per tutti. Il problema non è di facile comprensione, ma vale la pena fare uno sforzo per mettere tutto a fuoco. Ci sono errori di principio e di fatto, e le conseguenze potrebbero essere perniciose. Il principio della ponderazione de voti merita, poi, un supplemento di riflessione. Un consorzio è un accordo tra imprenditori per regolamentare la propria attività e ha finalità cooperative. Ponderare i voti sul numero di bottiglie prodotte significa trasformare il tutto in una specie di società per azioni, controllata da chi detiene il pacchetto più consistente. Si smarrisce ogni finalità sociale. Il valore di darsi regole comuni e condivise per promuovere tutti insieme il bene del territorio si perde in modo inevitabile. La gravità del problema è stata ben compresa da tanti piccoli produttori. Le impressioni raccolte sul campo lasciano trasparire grande inquietudine ma anche una certa fermezza, fare di tutto per non lasciare passare la cosa è soprattutto una questione di sopravvivenza. Preoccupa il fatto che se si lascia correre sulla ponderazione saranno solo più gli industriali vestiti da artigiani a stabilire le regole. L’eventualità non lascia tranquillo nessuno. La fortuna dell’enologia italiana degli anni recenti si deve alla scelta di aver messo al centro di tutto la vigna e il lavoro dell’uomo. Occorre una riflessione che ci riconduca su questa strada.

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