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La Stampa

Bisogna ripulire i vigneti abbandonati. Marmo, presidente della Provincia di Asti. Sono in pericolo 160 milioni di bottiglie ... Asti si sente sotto assedio e vede la prossima vendemmia delle sue colline minacciata dal killer dorato che distrugge i vigneti, mettendo a repentaglio una produzione di oltre 160 milioni di bottiglie di vino all’anno. Quella di Asti, in fatto di vitivinicoltura, è la maggior provincia del Piemonte, con 18 mila ettari coltivati a vite e un patrimonio di eccellenza ai primi posti nelle graduatorie mondiali: basti ricordare l’Asti Spumante (giro d’affari da 500 milioni di euro), una vera locomotiva dell’export vinicolo nazionale e il Brachetto d’Acqui (prodotto in gran parte in terra artigiana) entrambi Docg, oltre a una quindicina di Doc, tra cui il celebre Barbera che ha segnato il grande rilancio dell’economia agricola locale e del suo indotto di settore.

La malattia, che viaggia sulle ali di un piccolo insetto, si estende a macchia d’olio e i tentativi di contenimento non danno risultati confortanti. “Il problema, non bisogna nasconderlo, è stato sottovalutato - dice Roberto Marmo, presidente della provincia di Asti, che ha anche la delega all’Agricoltura - e oggi ci troviamo a dover fronteggiare un nemico che per motivi diversi non conosciamo.

Anche la ricerca non è riuscita a dare risposte determinanti. “Coi sono stati diversi interventi, tutti lodevoli, ma è mancato coordinamento - spiega Marmo - serve una strategia complessiva: ad Asti abbiamo una sezione dell’Istituto sperimentale per la viticoltura e la sede centrale dell’Istituto sperimentale per l’enologia. Abbiamo la sede del corso di laurea specialistica interateneo in scienze viticole ed enologiche, che opera con le università di Torino, Milano, Palermo e altri centri d’eccellenza italiani ed europei. Dobbiamo far lavorare all’unisono tutte queste strutture, creare un team-pilota per ottenere risultati che possano essere trasferiti in qualunque zona di qualsiasi Paese si possa in futuro manifestare la flevescenza”.

A questo punto è anche necessario che i viticoltori non abbiano esitazioni. Bisogna attenersi alle indicazioni dei tecnici e collaborare di più - insiste il presidente della Provincia di Asti - la malattia si annida nei vigneti abbandonati: vanno radicalmente ripuliti estirpandoli. E’ l’unica arma efficace che abbiamo al momento, anche perché garantisce il consumatore, in quanto evita l’uso di antiparassitari. Abbiamo inviato una lettera ai sindaci di tutti i Comuni per chiedere di mettere sotto controllo i gerbidi, ma dobbiamo dare anche agli amministratori locali la possibilità di intervenire per far rispettare le ordinanze. Parallelamente servono fondi per la ricerca e la sperimentazione. Ho lanciato provocatoriamente la proposta di un euro per ogni abitante dei Comuni in cui si coltivano vigneti, ma credo che le istituzioni debbano impegnarsi maggiormente. Noi siamo qui pronti a valutare ogni possibilità.

A livello regionale la strategia contro la flavescenza dorata è articolata su tre livelli principali: monitoraggio del contagio e ricerca; applicazione delle misure di lotta obbligatoria; sostegno finanziario dei viticoltori danneggiati. Il tutto per un impegno fino al 2006, di circa quaranta milioni di euro., mentre è appena stato approvato un ordine del giorno in base al quale cercherà di trovare le risorse necessarie a sostenere le aziende agricole colpite anche dopo lo scadere del prossimo anno.

Bisogna però essere consapevoli - sottolinea l’assessore all’agricoltura piemontese, Mino Taricco - che il risarcimento dei viticoltori non serve più di tanto se le misure di contrasto della malattia, non sono applicate da tutti, in modo da eliminare totalmente i focolai di infestazione. Per questo la Regione Piemonte proporrà al ministero delle Politiche Agricole di fornire agli enti locali strumenti che garantiscono la possibilità di incentivare gli estirpi in quelle aree abbandonate che sono l’incubatoio del killer dei vigneti.

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