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La Stampa

La storia - Metanolo, dalla strage alla rinascita del vino ... Vent’anni non sono pochi. Quanti ragazzi di quest’età, che oggi affollano i wine bar per il rito dell’aperitivo, sanno con precisione cosa accadde nel lontano 18 marzo 1986? La gente allora conobbe all’improvviso e drammaticamente un nome: metanolo, la morte in bottiglia. Morti ce ne furono 19 e altri 15 consumatori rimasero lesi in modo gravissimo da questo alcol, immesso da alcuni sofisticatori in quantità letali nel vino per aumentarne rapidamente la gradazione. Nomi come Ciravegna, Odore ed altri sono ormai consegnati alla storia dalle cronache giudiziarie, ma l’Associazione vittime del metanolo continua a battersi per veder riconosciuto il diritto a un risarcimento che finora, nei fatti, è stato sempre negato. Quello del 1986 fu un colpo durissimo per gli incolpevoli vignaioli italiani: in soli 12 mesi le esportazioni crollarono del 37% e la perdita di prestigio fu incalcolabile.
Ora, venti anni dopo, siamo il primo esportatore di vino al mondo, un quarto del fatturato globale del mercato è made in Italy, e le etichette italiane sono tra le più quotate e apprezzate in ogni angolo del pianeta. Ecco perchè ieri a Roma l'Associazione città del vino, Coldiretti e la fondazione per le qualità italiane Symbola hanno organizzato un grande incontro, che ha visto la partecipazione dei rispettivi presidenti, FlorianoZambon, Paolo Bedoni ed Ermete Realacci, oltre a quella del ministro delle Politiche agricole, Gianni Alemanno, per sottoscrivere, in vista della data che segna i due decenni da quella tragedia, il «Rinascimento del vino italiano».
Cosa è accaduto in questi venti anni? Da quel 1986 il vino italiano ha imboccato la via della qualità seguendo la bussola dell’eccellenza: riducendo la quantità per aumentare il pregio e il valore, riallacciando i legami coi territori, enfatizzando i talenti unici legati al clima, ai terreni, ai vitigni, ai saperi e ritrovando il coraggio di innovare, sperimentare. E’ la storia, ancora in cammino, della grande e coraggiosa riconversione di un settore produttivo. Ma la parabola del vino italiano, dall’abisso del metanolo alle vette delle classifiche internazionali, è anche una potente metafora di gente che crede in se stessa, nelle sue radici e nella sua identità, nel suo lavoro. Un’Italia che si impone suimercati mondiali e che si difende dalla concorrenza con l’arma che le è più congeniale: la qualità. A parlare sono le cifre, con un export che il cui valore sfiora i 3 miliardi di euro, mentre nel 1985 rasentava più o meno i 1500 miliardi di lire.
Dopo il metanolo si è capito che assecondare una corsa ai prezzi più bassi può solo significare comprare vino scadente. «La drammatica vicenda fece scattare nuove logiche nei consumatori - ricorda Ezio Rivella, all’epoca presidente dell'Associazione Enologi - un meccanismo virtuoso che ha portato a riconoscere i produttori seri e capaci tagliando fuori gli stregoni improvvisati che si erano inventati un prodotto che non poteva esistere». In pratica la vera arma contro ogni tentazione criminale di sofisticazione è stata proprio questa: far capire quanto costa in fatica e in investimenti quel lavoro nel vigneto e in cantina cheuntempo nonera quasi calcolato nel prezzo. Se oggi, nonostante i competitori siano sempre più numerosi e agguerriti, siamo una superpotenza del vino è perchè si è scelto di puntare all’eccellenza, grazie anche al maggior rigore dei controlli e al rispetto delle regole.Le produzioni a denominazioni di origine sono cresciute - tra Doc, Docg e Igt - da quel decimo della produzione che costituivano nel 1986, a quasi il 60% del totale. D’altronde dopo il metanolo nulla poteva restare come prima, anche i media fiutano il cambiamento radicale in atto e comincino a parlare di vino e già nel 1987, intercettando il bisogno diffuso di avere punti di riferimento affidabili nasce la Guida Vini d'italia Gambero Rosso/SlowFood. Pensare che molti dei vini oggi diventati veri e propri «cult» erano considerati morti e sepolti dagli economisti, perché quantitativamente irrilevanti. Insomma, come dice provocatoriamente ad Alessandro Regoli, direttore del sito WineNews, parlando di quell’annus horribilis: «Il vino italiano, quello vero, è nato esattamente allora».

Un alcool tossico
Il metanolo o alcool metilico è un alcool altamente tossico che si ottiene per distillazione a secco del legno o, industrialmente, per sintesi o, ancora, con la pressatura delle uve, quando questa viene spinta al massimo per ottenere un’elevata produzione di vino. Nei casi del 1986 che uccisero 19 persone fu impiegato nei processi di vinificazione per aumentare la gradazione alcolica del vino in modo molto rapido e quindi meno individuabile ai controlli, come avveniva per lo zucchero. Il metanolo è un componente naturale del vino, presente tra gli 0,6 e 0,15 millilitri su 100 di alcol etilico complessivo, mausato in dosi tra i 25 e i 100 millilitri provoca danni permanenti o mortali.

L'intervista - Il presidente di Federvini: «Ci ha salvato lo sviluppo di una cultura del territorio»
Le aziende - Un caso come quello del 1986 oggi non accadrebbe più

Piero Mastroberardino, oggi presidente della Federvini, figlio di una notissima famiglia di grandi produttori vitivinicoli, ai tempi del metanolo aveva circa 20 anni.
Come ricorda lo shock?
«A parte la costernazione per la tragedia umana ricordo che in casa si diceva che non ci sarebbero stati problemi per chi si era distinto con la credibilità dei suoi prodotti. Infatti le aziende affidabili non subirono alcun contraccolpo, anzi, per certi versi, ebbero dei benefici perchè i consumatori si rivolgevano a loro».
Oggi un «caso metanolo», almeno in Italia, non è più nemmeno lontanamente pensabile?
«Proprio no. Vorrei dire che è giusto tenere a mente questo episodio tragico di vent’anni fa, però direi anche di non collegare eccessivamente alla storia del vino di oggi quel momento, perché di fronte ad una storia che affonda in quella della cultura dell’uomo mediterraneo, gli ultimi vent’anni sono solo una goccia nel mare».
Ecco, la cultura, la nuova voglia del consumatore di sapere di più sul mondo del vino. Anche questo ha contribuito a salvare le cose?
«Sì, senz’altro. Oggi il pubblico è molto esigente perché è molto informato. Oggi chi si avvicina al vino ha fatto un percorso importante, un’evoluzione culturale che lo porta a essere una persona con l’ambizione di conoscere e capire che cosa c’è dietro a questo prodotto, che cosa c’è dietro a una bottiglia. Allora scopre un territorio, la genialità dell’uomo, la peculiarità di struttura di un vitigno, che magari è un antico vitigno locale e non un vitigno internazionale. Ecco, tutti questi elementi culturali sono la sintesi del grande successo che ha avuto il vino italiano negli ultimi anni».
La gente ha anche capito che non si può comprare un buon vino a prezzi assolutamente stracciati.
«Su questo si apre un’altra riflessione: quella della competitività internazionale del nostro sistema di offerta. è vero che oggi la gente è più consapevole, ma è vero anche che in un periodo di congiuntura sfavorevole è più attenta a spendere. Questo impone alle imprese e alle istituzioni di riflettere a fondo sui problemi di semplificazione normativa, di recupero di efficienza, la possibilità di arrivare sui mercati a prezzi concorrenziali, ma remunerativi».

I magnifici 8 che mettono d'accordo tutti
Fonte: www.winenews.it
Sorì San Lorenzo 2001 Angelo Gaja Langhe
Kurni 2003 Oasi degli Angeli
Terra di Lavoro 2003 Galardi
Montevetrano 2003 Montevetrano
Cannubi Boschis 2001 Luciano Sandrone Barolo
Granato 2003 Foradori Cerretalto 1999
Casanova di Neri Brunello di Montalcino
Villa Gemma 2001 Gianni Masciarelli Montepulciano d’Abruzzo


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