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La Stampa

Vino, la riforma Ue può cancellare il 25% della produzione ... Nel settore 70.000 posti di lavoro in meno. E l’ortofrutta rischia di essere dimezzata. Analisi Nomisma-Fedagri sulle modifiche all’organizzazione di mercato... La chiamano globalizzazione. Si produce troppo vino in Australia e si estirpano viti in Italia. Con danni ingenti alla produzione e all’occupazione. Sul settore vitivinicolo italiano, simbolo riconosciuto del Made in Italy, incombono le 0cm, organizzazioni comuni di mercato, ovvero le decisioni comunitarie che disciplinano la produzione e gli scambi dei prodotti agricoli di tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Secondo Fedagri, è un progetto ad alto rischio. “Se la riforma Ocm del settore vitivinicolo venisse approvata sulla base delle comunicazioni che la Commissione Europea ha reso note nei mesi scorsi, l’Italia perderebbe 70 mila occupati, il 25% della produzione, pari a 13 milioni di ettolitri di vino e il 20% della superficie agricola utilizzabile per la vitivinicoltura”, dice il presidente di Fedagri-Confcooperative, Paolo Bruni, commentando il risultato di una simulazione di impatto economico-occupazionale formulata da Nomisma, basata sulle comunicazioni della Commissione Europea in merito alla possibilità di dover estirpare 400 mila ettari in cinque anni, con un budget previsto di 2,4 miliardi di euro.
L’argomento, oggetto di un convegno organizzato da Fedagri a Lecce con l’intervento del ministro Paolo De Castro, è da tempo motivo di discussioni e polemiche serrate nel mondo agricolo, oggi riaccese dall’allarme:
“Le motivazioni della Ue - prosegue Bruni - fanno riferimento alla presenza di eccedenze sul mercato, che però sono da ricondurre alla forte crescita che negli ultimi anni hanno registrato i Paesi competitors come l’Australia e i Paesi del Sud America”.
Ecco l’effetto, perverso secondo i produttori italiani ingenerato da una gara al guadagno che stravolge anche la leale concorrenza. Perché anche là dove il mito del vino buono a prezzo stracciato impera, si avvertono i danni e la sovrapproduzione sta diventando un problema. In Australia il 40% delle cantine sono in rosso, sul mercato interno il tasso di crescita è passato da 4,9% del 2003 al 1,3% del 2006 e l’associazione che riunisce tutti i produttori del Paese, la WineGrape Growers of Australia (Wgga) ha chiesto agli investitori di non impiantare più vigneti, per non aggravare il problema della sovrapproduzione. Sono altri dati della ricerca Nomisma, significativi e quasi offensivi per l’Italia dove da tempo lo sforzo va in direzione opposta. “Noi - illustra Bruni - possiamo vantare una produzione vinicola di qualità, che rappresenta la prima voce dell’export agroalimentare italiano, con una quota di circa il 20%”. Il nostro Paese produce quasi il 20% del vino mondiale e il 30% di quello comunitario, con 34 Docg, 324 Doc e 117 Igt, ma questo è frutto di una competitività che “non va acquisita con le estirpazioni ma con dell’offerta, il sostegno alle imprese per raggiungere i mercati, la conquista di nuove quote di mercato e il consolidamento di quelle acquisite”. L’obiettivo, quindi, sostenuto dal governo italiano e frutto di un’intesa tra tutto il mondo cooperativo vitivinicolo italiano e con le delegazioni della cooperazione vitivinicola di Francia, Spagna e Grecia, è quello di mantenere una posizione ferma sui punti chiave: “sull’eccessiva severità della proposta di estirpazione, sulla necessità di mantenere una rete di sicurezza per la distillazione e sulla inderogabile esigenza della distillazione dei sottoprodotti, nonché sul mantenimento del budget al settore e l’opposizione alla vinificazione dei mosti importati dai Paesi terzi”. Tenendo “delle specificità del settore e dei Paesi produttori”. E dall’indagine nomisma arriva anche un allarme per il settore ortofrutticolo, dove le proposte della Commissione europea non sono ancora state formalizzate ma dove, secondo Fedagri, “il rischio per il trasformato italiano ed in primis per l’importante filiera produttiva dei derivati del pomodoro (polpe, passate, pelati) è una replica delle conseguenze già viste nel settore dello zucchero, vale a dire un dimezzamento della produzione”. “È quindi fondamentale - si dice - mantenere e migliorare il meccanismo di aiuti che vede al centro della contrattazione le Organizzazioni dei produttori”.
(arretrato de La Stampa dell'8 Ottobre 2006) 

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