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La Stampa

Le donne del Tokaji ... I friulani dopo anni di battaglie giuridiche internazionali hanno dovuto cedere. Il loro Tocai diventa “Furlan” e il nome resta usabile solo dagli ungheresi per i vini prodotti nella regione di Tokaji, zona di colline a est di Budapest. Il clima è continentale, piove in autunno e poi fa più freddo e nevica: nelle vigne di Furmint, Harslevelu, Zeta, i grappoli in vendemmia tardiva si coprono di muffa nobile. E’ la Botritis cinerea. Solo allora vengono raccolti, acino per acino. Lo fanno le donne che hanno più pazienza e abilità. Non più di 10 chili al giorno che vengono poi messi a macerare e aggiunti all’altro vino. Nasce così il Tokaji aszù, ambrato e aromatico che per tradizione secolare si classifica in “puttonyos” (le ceste per gli acini).
Indica il grado di residuo zuccherino del vino: da uno a sei sempre più dolce e aromatico fino all’Essentia: un nettare già apprezzato alla corte degli Asburgo. Costa caro: almeno 40 euro a bottiglia da mezzo litro e agli ungheresi non piace che lo si giudichi il Sauternes dell’Est. Tutto questo lo ha raccontato ieri al Salone con grande passione Marta Wille Baumkauff, una vedova, madre di tre figli, con 6,5 ettari di vigne terrazzate, che guida la rivoluzione in rosa del Tokaji. Sono una manciata di donne, dall’enologa di origine francese Stefany Berz a Izabella Zwack (della famiglia che produce il liquore Unicum) che girano il mondo come ambasciatrici del Tokaji. “Non vi parlerò di acidità e cose enologiche, godetevi i nostri vini, sono come i figli, magari non sempre perfetti, ma fatti grazie all’amore”.
(arretrato de La Stampa del 28 ottobre 2006)

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