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La Stampa

Senza trucioli l’export sale ... A pochi giorni dall’approvazione del Regolamento comunitario sull’impiego dei trucioli di quercia nei vini dell’unione Europea, il ministro per le Politiche agricole, Paolo De Castro, ha firmato il decreto che ne vieta, in Italia, l’utilizzo per i vini Doc e Docg. E sono in molti a chiedere che il divieto sia esteso anche ai vini Igt. “Accogliamo con favore - ha detto Paolo Bruni, presidente di Fedagri - questa decisione, che è in sintonia con quanto il settore vitivinicolo cooperativo ha da tempo sostenuto in merito all’utilizzazione dei trucioli”. Il divieto, del resto, è assolutamente in linea con le richieste del mercato e non solo di quello nazionale. Infatti per il vino made in Italy senza trucioli è boom negli Stati Uniti: quest’anno le esportazioni sono aumentate in quantità dell’8,5%, ed esiste la concreta possibilità di raggiungere, a fine 2006, il valore di un miliardo di dollari, per oltre 2 milioni di ettolitri venduti. Queste stime sono state fatte dalla Coldiretti, sulla base di un’analisi dei dati dell’Italian Food & Wine Institute nei primi otto mesi del 2006. Dalle cifre emerge che la produzione italiana garantita per l’assenza di trucioli ha saldamente conquistato la leadership nei confronti dei concorrenti australiani, dove queste pratiche sono invece ammesse.
“Il vino italiano - ricordano alla Coldiretti - copre da solo quasi un terzo in quantità (31%) del mercato dei vini stranieri negli States, seguito da vicino, con il 29%, dall’Australia, costretta a “svendere” il proprio vino con una politica di bassi prezzi. Con il 14% viene poi la Francia, che, dopo anni di difficoltà, inverte la tendenza e fa segnare il tasso di crescita più elevato (+29,7%). “Per il nostro Paese si tratta di un segnale più che incoraggiante - prosegue la Coldiretti - con riferimento alla vendemmia in corso, considerata buona dal punto di vista qualitativo, ma contenuta nelle quantità su livelli simili a quelli dell’anno scorso, ossia attorno ai 50 milioni di ettolitri”. Il vino è la principale voce dell’export agroalimentare nazionale, che trova negli States il primo mercato extracomunitario di sbocco, con un quarto del valore totale delle esportazioni di vino made in Italy. E, come sottolinea la Coldiretti “a spingere la crescita sono stati sicuramente qualità e competitività della produzione italiana rispetto alla concorrenza, ma anche la crescita complessiva del 10,5% della domanda di vino straniero da parte dei consumatori americani”.
I risultati del 2006 dimostrano la presenza di nuove e rilevanti opportunità di crescita attraverso l’export, con quasi un terzo della produzione destinata ai 361 vini nazionali Doc e Docg. Un patrimonio d’immagine per le imprese nazionali che va difeso nei confronti delle imitazioni e della concorrenza sleale, fondata sulla mancanza di trasparenza nell’informazione sulle caratteristiche dei prodotti in riferimento alle modalità d’invecchiamento e alle tecniche utilizzate, come ad esempio i trucioli per invecchiare il vino. “Tutto ciò - insistono alla Coldiretti - senza un’etichettatura trasparente, inganna i consumatori e danneggia i produttori impegnati per mantenere tecniche tradizionali quali la maturazione dei vini in botti di legno”.
(arretratto de La Stampa del 5 novembre 2006) 

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