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La Stampa

Educazione al vino per i bimbi francesi ... La legge-pro consumo divide il paese. “Insegna il gusto”. “No, incita al vizio”... Philippe-Armand Martin è deputato (governativo) ma soprattutto viticoltore, copresidente dell’”associazione nazionale degli eletti della vigna e del vino”. Attenzione non è una allegra confraternita di bisbocciatori, è una architrave economica e politica da trattare con i guanti, che all’Assemblea può far capitolare i ministeri. Il suo regno? Novecentomila ettari che producono essenze possenti e gravi come il velluto. Quarantottomilioni di ettolitri di questa goduria la Francia la destina generosamente ad educare il palato del mondo. Da qualche tempo, però, Martin spia le cifre del consumo interno e corruga la fronte: i francesi, come diceva lo storico Didier Nourisson, hanno sempre un “rapporto affettuoso con il vino, ma balugina il disamore.
Nel’70 trangugiavano 45 milioni di ettolitri, ora sono fermi a 33 milioni, 55 litri a testa per anno, invece dei 100 di un tempo. Qualcuno si è scomodato a trasformarli in bicchieri giornalieri: tre per gli uomini , due per le donne. È poco, pochissimo: dove sono i tempi in cui su ogni tavola troneggiava una bottiglia vera, non quella dell’acqua minerale? Ebbene Martin ha deciso di ripartire dai piccoli: l’educazione è decisiva. L’anima bacchica del futuro degustatore di Borgogna e Mèdoc bisogna farla crescere con pazienza: come un vitigno appunto. Mercoledì il deputato, assistito dal compagno di partito Gèerard Vlolzin, scodellerà l’atteso rapporto sulla crisi della viticoltura. Diciannove proposte per svuotare le cantine e ridare morale agli umori tumultuosi dei vignerons, che nel Sud combattono lo spleen produttivo rovesciando le cisterne dei vini spagnoli subdolamente a basso costo. Articolo uno:”incoraggiare la ricerca vinicola”. Articolo due: “creare un osservatorio del consumo mondiale di vino”. E via di seguito fino a pagina 31. Dove questi due consolatori delle pubbliche sventure vinicole preannunciano “programmi educativi nelle scuole che informino i piccoli degli effetti benefici del vino nel quadro di un consumo adeguato”.
Insomma lezione enologiche per allievi di ogni ordine e grado. Il rapporto attinge a rimembranze letterarie”Essere francesi vuol dire anche conoscere il vino come alimento di un’epoca…”. Si vede, hanno notato i maligni, l’occhio del deputato che accarezza i suoi domains pullulanti di grappoli preziosi. L’educazione vinicola è posta sotto la voce”salute pubblica”, che mette al riparo da critiche. E grazie ai valori culinari gallici si porrà rimedio all’insidia gastronomica americana con il suo deprecabile abuso di coca cola che provoca obesità infantile. Di fronte a questa buona azione enologico-politica anche i deputati più ottusamente astemi applaudiranno.
Qualcuno però intravede nell’educazione del gusto pubblico le manovre egoistiche della lobby vinaria. Come Alain Rigaud, presidente dell’associazione nazionale di prevenzione dell’alcolismo: “Con la scusa di insegnare ai bambini a mangiare bene, i viticoltori stanno costruendo un Cavallo di Troia per rilanciare i consumi”. E cita, con iettatoria precisione, le cifre: da 4 a 6 milioni di francesi alcolisti, 45 mila morti l’anno. Incalza la “Mutuelle des ètudiants”: “I medici si allarmano per gli adolescenti che scoprono l’alcol e qui si vogliono vantare all’infanza i meriti del vino!”. Gli estensori del rapporto replicano che non pensano a distribuzioni di fiaschi alle materne e alle elementari, come Mendes France distribuì il latte nelle scuole: “Anzi, è prevenzione perché insegna ai più giovani un consumo moderato”. E il ministro della salute Xavier Bertrand che dice? Tace. Tra cinque mesi ci sono le elezioni.
(arretrato de La Stampa del 3 dicembre 2006)

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