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La Stampa

Pechino blinda il cibo cinese ... Si spostano gli equilibri del Wto. Consulenza italiana sulle prime 600 denominazioni d’origine protette... C’è una “via cinese” per fare accettare al Wto le regole della tutela dei prodotti alimentari difesi in Europa dalle Dop. Il ministro delle politiche agricole, Paolo De Castro, ha appena firmato un protocollo di intesa con il suo omologo di Pechino, Du Qinglin, che oltre a rafforzare i rapporti di collaborazione bilaterale inaugura una strategia comune in questo campo. L’annuncio è stato dato in occasione di Vinitaly China-Cibus 2006 che si è svolto a Shangai. “La Cina ha completato una prima mappatura di 600 suoi prodotti alimentari tradizionali – spiega De Castro - e intende garantirli dalle imitazioni con un’apposita legge. Per farlo ha deciso di avvalersi della nostra esperienza in materia e metteremo a punto il percorso con un tavolo permanente di consultazione”. Quello che il governo cinese intende mettere al sicuro con un copyright è un vastissimo patrimonio di prodotti tipici, che vanno dal thè alle erbe officinali per l’erboristeria, ad alcune varietà di frutta, ai prodotti della gastronomia (la cucina cinese è la più diffusa nel mondo). “Questa scelta politica è molto positiva – spiega De Castro – perché si allinea a quella europea e italiana in particolare. I prodotti a denominazione d’origine protetta cinesi saranno riconosciuti da Bruxelles esattamente come quelli di un partner comunitario”.
E qui si innesta il più vasto discorso delle trattative sul commercio internazionale, perchè con il riconoscimento Ue scatterà il principio di reciprocità da parte di Pechino. Affermato questo principio la Cina diventerà un’alleata dal peso determinante per far passare in sede Wto le regole di garanzia globale per i prodotti Dop. Attualmente l’industria alimentare del colosso asiatico ha un fatturato annuo di 200 miliardi di euro (il doppio di quello italiano), ma conta di raddoppiarlo nei prossimi cinque anni, per raggiungere questo obbiettivo sarà necessario un notevole ammodernamento delle tecnologie alimentari cinesi, in cui l’Italia potrà inserirsi come fornitore di primissimo livello. Una delle prime conseguenze di questa strategia comune sarà un’accelerata all’export agroalimentare in Cina, che nel primo semestre dell’anno è stato di 21,9 miliari di euro, con una crescita del 134% nello stesso periodo del 2005. di questo valore complessivo il vino è la prima voce con un’incidenza del 16.9% e questo anche grazie allo sforzo compiuto costantemente negli ultimi anni da Vinitaly, il marchio di Veronafiere diventato una vera locomotiva per l’enologia italiana nel mondo.
Ma anche sul capitolo Ogm i più forti legami con l’Italia potranno essere importanti per determinare le scelte cinesi: oggi la logica di Pechino è a doppio binario e punta sul biotech per sopperire alle necessità alimentari di questa parte dei popolazione in sofferenza, mentre, in parallelo la strategia è di garantire prodotti di qualità sempre più alta come dimostra il boom delle coltivazioni biologiche. “contribuire a far prevalere anche qui la filosofia del “Ogm free” sarebbe una vittoria magnifica per il nostro paese che si dimostra sempre più una vera bussola dell’agroalimentare globale” auspica il ministro De Castro.
(arretrato de La Stampa del 3 dicembre 2006)

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