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La Stampa

L’ipermercato delle eccellenze. Alta qualità a prezzi sostenibili ... Uno dei modelli da imitare è il reparto alimentare dei magazzini Harrods di Londra, la celebre “Food gallery”, come dire un posto dove comprare prodotti gastronomici di alta qualità da portarsi a casa oppure, a scelta, da mangiare al tavolino di un ristorante a pochi metri dagli scaffali di esposizione. Ma il progetto «Eataly» che inaugura la sua prima sede a Torino davanti al Lingotto venerdì 26 (apertura al pubblico in un giorno che sarà determinato all’ultimo momento fra il 27 e il 30) ha due o tre ambizioni in più: «Il nostro - dice il presidente della società, Oscar Farinetti - è il più grande centro enogastronomico permanente del mondo con i suoi 10 mila metri quadrati, è il primo dei suo genere dedicato all’enogastronomia italiana e inoltre è l’unico ad affiancare alla vendita e alla ristorazione l’attività didattica, in modo da far conoscere non solo i prodotti ma anche la loro storia, i loro sistemi produttivi e il loro legame col territorio. Il tutto in collaborazione con Slowfood».
Non è un po’ snobistico?
«E invece il nostro obiettivo è di non essere un posto da fighetti. Vogliamo avvicinare ai prodotti di alta qualità un pubblico ampio e per questo praticheremo prezzi sostenibili. Sui dieci ristoranti di Eataly nove sono tematici e informali e lì si potranno consumare sostanziosi spuntini o veri e propri pasti spendendo 12 o 15 euro più un euro e mezzo per un calice divino. Ma se in Italia i prodotti di alta qualità non hanno ancora la diffusione che meritano non è solo una questione economica, c’è anche una mancanza di informazione. Per questo ci proponiamo innanzitutto di diffondere la cultura enogastronomica. Ad esempio attraverso corsi di cucina: per il 2007 abbiamo già fissato 200 eventi».
Dal punto di vista economico come si fa a quadrare il cerchio?
«Noi facciamo il massimo affidamento su produzioni nostre o con produttori che hanno contratti di fornitura a lungo termine e a prezzi fissi. Tagliamo i passaggi e controlliamo i costi lungo tutta la filiera. Faccio un solo esempio: in tutti i nostri ristoranti, non solo nei nove “informali” ma anche nell’unico elitario le bottiglie di vino si potranno consumare a prezzi uguali o vicini a quelli a cui sono offerti sui nostri scaffali. Il ricarico medio sarà del 20%».
All’Eataly di Torino ne seguiranno altri?
«Replicheremo a Genova, Milano, Verona, Roma, Bologna, Firenze, Napoli, Bari e Palermo. Il format sarà uguale, i prodotti e i piatti no».
Come mai siete partiti da Torino? Si potrebbe azzardare, senza essere campanilisti, che l’enogastronomia piemontese è la prima d’Italia?
«Non lo dico io, lo hanno scritto un mese e mezzo fa gli esperti del New York Times dopo un’analisi lunga e approfondita. Abbiamo il primato assoluto dei vini e dei dolci e siamo molto forti in tutti gli altri campi, tranne il pesce dì mare. Invece, per fare un esempio, l’Emilia è più forte nella pasta ma non ci batte in nessun altro campo. Per combinazione il NY Times ha incoronato il ristorante Guido da Costigliole a Pollenzo come il migliore d’Italia e guarda caso proprio Piero Alciati di “Guido” sarà lo chef del nostro ristorante di élite “Guido per Eataly” e supervisionerà i nostri nove ristoranti informali. Entro l’anno apriremo un Eataly a New York centrato sull’enogastronomia piemontese».
Meno male che le avevo chiesto di non essere campanilista...
«Sono così oggettivo che le dico che fra il nostro 90% di prodotti italiani c’è un 10% di prodotti stranieri laddove gli stranieri sono incontestabilmente migliori. Per esempio il pane francese è senza dubbio migliore dì quello italiano, perché lì ci sono ancora i forni a legna che da noi sono scomparsi, e allora abbiamo fatto venire qui un maestro boulanger francese e abbiamo realizzato questo forno a legna per il pane, un pane squisito che oltretutto facciamo con lieviti invecchiati almeno 15 anni. Facciamo pure le focacce genovesi con fornai genovesi e le pizze con pizzaioli napoletani. È napoletano anche lo chef del nostro ristorante del pesce».
Ma questo edificio dove ci troviamo a un’estremità del Lingotto (via Nizza 230) che cos’è?
«È il vecchio stabilimento, il cui primo nucleo risale al 1786, in cui è stato creato l’aperitivo “Punt e mes”. L’abbiamo ristrutturato recuperando il più possibile della struttura originaria e all’ultimo piano abbiamo aperto il museo Carpano con la storia dell’impresa».
(arretrato de La Stampa del 21 gennaio 2007) 

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