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La Stampa

La sicurezza del cibo non può attendere ... La crisi di Governo ci ha colti mentre ci apprestavamo a chiedere ancora una volta ai nostri ministri di istituire al più presto una Autorità nazionale per la sicurezza alimentare. Pochi giorni fa, un appello promosso dalla Fondazione dei diritti genetici, sottoscritto da Slow Food e da quasi tutto il mondo ambientalista, consumerista e dell’agro-alimentare italiano, aveva ricevuto risposta dal ministro Livia Turco, la quale si era fatta carico della questione anche presso i suoi colleghi competenti. Ora quello spiraglio rischia di essere nuovamente oscurato, nonostante l’Autorità nazionale per la sicurezza alimentare sia stata prevista per ogni Stato membro sia da quando è stata istituita quella Europea (Efsa), che ha sede in Italia, a Parma. In molti Paesi le norme attuative sono subito state emanate e ora ci sono le varie Autorità nazionali che vigilano, informali. Dovrebbe anche avvenire in Italia, a maggior ragione, visto che abbiamo scelto la strada della qualità, della tipicità e che siamo anche i maggiori produttori continentali di biologico.
In alcuni Paesi europei succede che l’Efsa bacchetti duramente i governi se prendono decisioni non in sintonia con le sue direttive e intanto non possono fare affidamento sudi una loro Autorità nazionale. È successo in questi giorni all’Ungheria, che si è opposta alla coltivazione di Ogm, mentre l’Authority europea aveva dato il suo via libera. Questo rende perfettamente l’idea di quanto sia utile uno strumento di questo tipo, in grado di interloquire con 1’Efsa. Non soltanto: un’Autorità nazionale, super partes, dovrebbe farsi carico di esprimere pareri scientifici, fare ricerca disinteressata, coordinare gli organismi competenti, promuovere il nostro territorio, difendendoci da pubblicità ingannevoli e pratiche agricole contrarie alle esigenze dei nostri bravi produttori. Ne va del bene dei cittadini e dell’ambiente: comincia a essere scandaloso che non ci sia l’Autorità nazionale, e non mancheremo di ricordarlo al prossimo Esecutivo, nella speranza che i nostri politici si possano rendere conto quanto male sappiamo farci con le nostre stesse mani.

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