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La Stampa

L’astigiano d’America diventato re del vino ... Morto Ernest Gallo emigrante di successo... Ernest Gallo, il patriarca del vino a stelle e strisce, è morto a 97 anni nella sua casa di Modesto, cittadina della California centrale dove, con il fratello Julio, aveva fondato un impero di vigneti e bottiglie. «Ernest se n’è andato in pace, con attorno tutta la sua famiglia» fanno sapere dall’azienda, è l’immagine di un vegliardo contadino, che spira serenamente dopo una vita di lavoro. Il fratello Julio era già mancato, nel 1993, in una circostanza drammatica: ucciso in un incidente automobilistico.
Il vigneto. Uomini di campagna, che alla campagna ed al vigneto si erano rivolti anche nella nuova terra in cui erano venuti dal Piemonte, assieme ai genitori. Loro, i vecchi, la fortuna non l’avevano trovata. I figli, invece, la fortuna l’hanno costruita in settant’anni di lavoro, seguendo il ricordo famigliare dei grappoli di barbera sulle colline astigiane. Una vita, quella di Ernest e Julio, che ha sconfinato nella leggenda, come ogni «american dream» che si rispetti. Gli inizi erano stati duri, ma il sogno più forte delle difficoltà e la voglia di realizzarlo premiata da un prestito di 5.900 dollari, che aprì la strada del successo a quei due giovanotti, curvi la sera a studiare sui manuali nella biblioteca di Modesto per imparare sempre di più sul mestiere che avevano scelto. Oggi l’azienda che Ernest Gallo lascia è al vertice della classifica dei colossi mondiali del vino: 1600 ettari di vigneto, 200 milioni di bottiglie prodotte all’anno, 1,5 miliardi di dollari di fatturato. Come in tutte le storie di un successo in quella dei Gallo si sono alternate luci (per la capacità pionieristica di essere riusciti a rendere vincente il vino negli Usa) e polemiche (sulla qualità di alcuni prodotti).
Le medaglie. A cancellare ogni ombra pensò un successo ottenuto proprio nella patria del vino e dei Gallo: nel 2001 e nel 2002, a Verona, la «Ernest & Julio Gallo Winery» ricevette il premio «Gran Vinitaly», il massimo riconoscimento in uno del concorsi più severi del mondo e per due anni consecutivi la casa vinicola della Sonoma Valley si è aggiudicata il premio totalizzando il punteggio complessivo più alto tra i partecipanti in base alle medaglie ricevute dalle sue bottiglie di Cabernet Sauvignon e Chardonnay. Orgogliosi dei loro successi e ancor più del loro nome agli inizi degli Anni ‘90 i Gallo avevano fatto causa per l’etichetta al Consorzio del Gallo Nero e, negli Usa l’avevano spuntata. «Il giudice sentenziò che la dizione “Gallo” era di proprietà dell’azienda di Ernest e Julio - spiega Alessandro Regoli, direttore del magazine on line Winenews -. Il problema non era la shilouette del Gallo Nero, ma proprio la parola Gallo, che ora, in tutto il mondo, ad esclusione dell’Italia, “Gallo”, nella classe merceologica, è sinonimo dei Ernest & Julio’s Gallo che l’avevano registrata prima del Consorzio del Gallo Nero».
L’impero.
Una storia di produzione, ma anche di acquisizioni, attente strategie commerciali e di distribuzione. E’rimasto negli annali l’ordine stratosferico fatto, nel 2000, alla Cavit di Trento per la fornitura di 6 milioni di bottiglie all’anno, che venivano etichettate per il colosso californiano con i nomi di «Ecco domani» e «Buona Sera». Ora l’impero passa nelle mani del figlio di Ernest, Joseph, da parecchi anni di fatto il numero uno. Ma la terza generazione è già in pista, con i giovani Chris e Joe Gallo, tornati nella terra degli avi, ma nelle campagne veronesi anziché in Piemonte. Anche loro hanno un sogno: «conquistare il gusto italiano con l’esperienza del Nuovo Mondo».

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