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La Stampa

L’eno-export trionfa negli Usa ... Ricerca Veronafiere: nel 2010 gli Stati Uniti saranno i primi consumatori divino nel mondo
Sono “made in Italy” un terzo delle bottiglie sulle tavole americane... Il 2010 sarà l’anno del sorpasso. Tra una manciata di mesi, secondo ogni previsione, gli Stati Uniti scavalcheranno l’Europa e diventeranno il primo tra i paesi consumatori di vino nel mondo. Già ora gli Usa sono il quarto produttore assoluto a livello globale, con circa 33,9 milioni di ettolitri. Ma se nell’arena del mercato gli americani sono entrati come agguerriti competitori, hanno anche aperto sempre di più le porte alle importazioni e l’Italia nel 2006 ha fatto la parte del leone, con vendite pari a un miliardo di euro concluse negli States.
Gli americani che bevono vino sono passati nel giro di pochi anni dal 10 al 30% della popolazione e, soprattutto i consumatori più giovani, preferiscono le bottiglie che vengono dall’estero. “Il mercato americano maturo? - dice Angelo Gaja, commentando i dati di una ricerca curata da Vinitaly, presentata a Verona - Pensarlo è un’enorme sciocchezza. Gli Usa devono ancora dare le soddisfazioni più belle a chi esporta vino nei loro confini”. Come dar torto al “signore del Barbaresco”, visto che alla ribalta del consumo si è appena affacciata la Millenial Generation, quella degli americani sotto i trent’anni che conta ben 70 milioni di persone e preferisce il vino alla birra o ad altri alcolici? Questa nuova ondata va ad aggiungersi alla generation X (tra i 30 e i 41 anni) che conta altri 44 milioni di esponenti, i quali si sommano ai baby boomers (tra i 42 e i 60 anni).
Tre fasce in cui il consumo di vino è decisamente diffuso e che rappresentano un potenziale parco di acquirenti da 190 milioni di persone. Un futuro in cui l’Italia è in pole position, visto che il fatturato del suo export è pari in valore a un terzo di tutto il vino che arriva ogni anno negli Usa. Non che altrove ci sia da lamentarsi: in Cina, per esempio le nostre esportazioni dal 2005 al 2006 sono aumentate del 100% per un valore di 9,5 milioni di euro. “È un trend di crescita che conferma l’attenzione dei paesi emergenti verso il vino made in Italy”, dice Paolo Bruni, presidente di Fedagri a cui fanno capo Caviro e Cavit, rispettivamente prima e terza azienda vitivinicola italiana per fatturato, secondo il recente rapporto Mediobanca.
“L’export in India, infatti, è aumentato del 70% con oltre 1,4 milioni di euro - prosegue Bruni -. Si tratta ancora di piccoli volumi ma è il- levante il tasso di crescita a due o addirittura tre cifre”. L’India è uno dei mercati che dimostra il maggiore interesse per il nostro vino, che purtroppo però è gravato da fortissimi dazi compresi tra il 250 e il 550%. Una tassazione contro la quale l’Unione Europea ha chiesto formalmente al Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, di aprire un contenzioso per le barriere commerciali che queste aliquote rappresentano. L’azione di Bruxelles, però, non basta, secondo i vitivinicoltori veneti a pareggiare i conti con la scomparsa del Tocai, la cui denominazione è stata concessa in esclusiva dall’Ue ai produttori ungheresi. Resta lo spiraglio aperto da un ultimo ricorso, ma intanto ieri tra i padiglioni del Vinitaly sono stati celebrati con un corteo i funerali del Tocai. Con tanto di manifesto a lutto: “Sotto i colpi dell’Unione Europea conclude il suo lungo e glorioso cammino sulle nostre tavole”.

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