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La Stampa

Il vino italiano scopre la sete dell’Est-Europa ... Assoenologi: strategie per essere primi in Ungheria e Polonia... “Il 90% delle nostre esportazioni vinicole sono indirizzate solo su 11 mercati, mentre ce ne sono almeno altri 100 che potenzialmente possono dare grandi soddisfazioni al vino italiano soprattutto nei Paesi dell’Est europeo”. Spiega Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi, presentando il rapporto sui nuovi indirizzi per l’export al 62° congresso dell’associazione che si chiuderà domani. Due, in particolare, le nazioni dove si può ipotizzare un rafforzamento della penetrazione commerciale del vino made in Italy: Ungheria e Polonia.
Nel 2006 in Ungheria sono stati importati 120 mila ettolitri di vino, per un valore di oltre 16 milioni di euro, i due terzi dei quali provenienti dall’ Italia. “Siamo il principale fornitore - spiega Martelli - davanti ad Austria, Germania, Spagna, Francia, Cile e Repubblica Slovacca”. Alessio Ponz de Leon Pisani, direttore dell’ ufficio Ice di Budapest, spiega: “Il nostro export vale oltre otto milioni di euro con un incremento di più del 30% rispetto al 2005”. Le regioni più presenti con i loro vini rossi e bianchi sono Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Veneto, Trentino Alto Adige, Puglia e Sicilia.
Anche in Polonia l’export del vino italiano è in crescita: più 38 per cento per un valore di 13 milioni di euro. Francesco Alfonsi, direttore dell’ufficio Ice di Varsavia, spiega: “Nel 2006 le complessive importazioni polacche divino hanno superato i 110 milioni di euro con un trend nettamente in crescita rispetto al periodo 2001/2006”.
L’Italia è il terzo Paese esportatore preceduta da Francia e Bulgaria. I vini bulgari, grazie al prezzo contenuto, soddisfano le esigenze della fascia più popolare. E il mercato presenta notevoli margini di crescita visto che il vino sta sempre di più riscuotendo interesse tra i consumatori, in particolar modo sui giovani tra i 30 ed i 40 anni, benestanti. Ancora Martelli: “Negli ultimi anni abbiamo registrato un cambiamento molto dinamico nel consumo di bevande alcoliche, che premia i consumi di vino e di birra a scapito di quelli di liquori e distillati, tanto che il vino ha raggiunto un consumo complessivo di 10 litri pro capite”.

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