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La Stampa

Un passaporto internazionale che rende l’uva senza patria ... Dopo tante chiacchiere venne il giorno del giudizio... Mercoledì 19 dicembre il Consiglio dei Ministri Europei dell’Agricoltura ha raggiunto un accordo, con voto positivo anche da parte del nostro Paese, sul testo di riforma dell’Ocm vino, che entrerà in vigore il primo agosto 2009.
Dalle principali associazioni di categoria dei viticoltori è giunta, a ragione, una sonora bocciatura: nei loro commenti si legge tutto il rammarico per un testo ritenuto peggiorativo rispetto a quello presentato alla fine del 2006 dalla Commissaria Europea all’Agricoltura Fischer Boel. La bozza della Commissaria danese partiva da un assunto: l’Europa produce troppo vino e per smaltire la sovrapproduzione, con il ricorso alla di crisi, l’Ue sperpera quasi un miliardo di euro ogni anno. Tra le proposte, il testo della Boel prevedeva un espianto di 400.000 ettari di vigneto, oltre all’abbandono dello zuccheraggio. Per discutere della bozza di riforma, Slow Food organizzò nell’aprile di quest’anno la manifestazione Vignerons d’Europe, a Montpellier. Oltre 600 produttori si sono confrontati e hanno stilato un documento per i politici in difesa dell’identità e dell’origine dei vini europei. Proprio quel documento rivela oggi quanto siano importanti i punti di dissenso di Slow Food rispetto all’accordo del 19 dicembre. In primis si è approvata la possibilità di indicare vitigno e annata di produzione per i vini da tavola.
Una norma che, associata alla libera circolazione dei mosti all’interno dell’Unione Europea, potrebbe mettere in ginocchio il sistema delle attuali denominazioni. Potrebbe accadere così che un consumatore acquisti una bottiglia di Barbera imbottigliata in Italia, ma le cui uve sono state coltivate in Bulgaria a costi bassissimi, senza alcuna informazione in merito sull’etichetta. Uno scenario, questo, simile a quanto accade all’olio extravergine di oliva. L’unico contentino, rispetto alla bozza precedente, è la possibilità, da parte degli stati membri, di escludere dalle estirpazioni i vigneti delle zone montane o di particolare pregio. Un po’ poco, considerato che, almeno in via transitoria, rimangono valide sia la distillazione, sia lo zuccheraggio.

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