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La Stampa

“Per il vino italiano niente recessione” ... “In Usa è al top, qualche dollaro in più non conta”... L’americana del Brunello... Per Cristina Mariani May, 37 anni, mamma di tre bimbi, amministratore delegato della Banfi Corporation (il marchio che ha dato orizzonti internazionali al Brunello di Montalcino, ma che è anche il maggiore importatore negli Usa dalle cantine di tutto il mondo) il vino è un business di famiglia da tre generazioni, fondato dal nonno Giovanni Mariani, arrivato dall’Italia. Il padre, John Mariani, resta lo stratega del gruppo, mentre lei è una specie di ambasciatrice itinerante con due sedi di riferimento: New York e Montalcino. Un personaggio ideale, quindi, per valutare il futuro dell’export enologico made in Italy. “Nel mondo - dice - i vini italiani si sono affermati sugli altri come prodotti di qualità, ma soprattutto come fenomeno culturale. Un modello più moderno, più “easy”, più in linea con quello che la gente vuole”.

Continuerà così?

“L’Italia deve imparare ancora di più a “pensare avanti”, capire quello che ogni mercato chiede, l’estero non è più la valvola di sfogo della produzione in eccesso. Oggi bisogna assolutamente intuire in anticipo quello che il consumatore vuole e perchè. Questo vale per tutti i prodotti, ma in particolare per il vino, visto che un cambio di produzione non si improvvisa”.

Quali sono i mercati di maggiore sviluppo futuro?

“L’America sempre e comunque, poi l’Asia e l’Europa dell’Est. Perchè il successo in posti così diversi? Perchè il vino italiano è recepito come un prodotto sano, che non ha niente a che fare con la sofisticazione. Mio padre ha immaginato sin dali Anni ‘70 la “catena della pulizia” per il vino che importava negli Usa”.

Negli Usa c’è stato il sorpasso dei francesi, ma poi anche degli australiani. Vittorie parallele su due fronti, quello dello stile e quello del prezzo. Come mai?

“La conquista delle prime posizioni negli Usa è stata possibile perchè l’Italia riesce a trasferire il valore percepito dal consumatore sulle diverse fasce di prezzo. L’Australia è identificata come eccellente produttrice di primo prezzo, con vini venduti a 2 dollari la bottiglia, ma è molto difficile riuscire a posizionare un buon vino australiano nella zona alta dei listini. L’Australia non controlla la produzione a livello quantitativo e si ragiona solo a breve termine. Per l’Italia è diverso. Ad esempio a Montalcino stiamo investendo pesantemente in ricerca e sviluppo per trasferire un valore sempre più alto al consumatore, rispettando tradizione e territorialità”.

Le doc e le altre denominazioni sono un plusvalore o no?

“Sono un sistema importante per trasferire un immagine di continuità tra territorio e origine del prodotto, ma non bisogna confondere denominazione e qualità. All’interno della denominazione la qualità la fanno i produttori, che devono assolutamente esserne leader perchè il marchio trasferisce un valore indiscusso. Nel “sistema denominazioni” le vere mine vaganti sono i vini difettosi”.
E i vini falsificati?

“L’effetto dei falsi d’etichetta negli Usa non è enorme. Come dicevo il consumatore segue più il marchio che la denominazione, soprattutto su bottiglie da 70/80 dollari, quello che può far danni, piuttosto, è il mercato parallelo, dove si trova lo stesso prodotto a cifre diverse, facendo saltare le fasce di prezzo e creando confusione sul mercato”.

Come mai, nonostante il cambio del dollaro sia così basso sull’euro si esporta tanto in Usa?

“Il vino italiano fa parte del Made in Italy di lusso, che ha avuto una crescita continua. Il consumatore Usa di un certo livello ha comunque soldi da spendere e pochi dollari in più non fanno differenza”.

Come Banfi quali obiettivi privilegiate nella vostra strategia futura?

“Anche se negli anni abbiamo fatto molto resta ancora di più da fare, perchè nel mondo la percentuale di consumatori che conoscono veramente il “prodotto vino” è piccolissima. Negli Usa, ad esempio, su 310 milioni di persone solo il 20% beve almeno un bicchiere di vino all’anno, il resto non sa ancora cosa sia. Diventa quindi estremamente importante che la prima esperienza col vino sia assolutamente piacevole. Ed è questo il nostro lavoro”.

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